In Afghanistan attentati kamikaze e resistenza organizzata hanno un tariffario preciso, le famiglie vengono sovvenzionate dai talebani che hanno istituito una specie di welfare del terrore. Le forze di occupazione internazionale, italiani inclusi, non sono gradite da coloro che piazzano gli ordigni per le strade battute dai blindati militari, così come è successo lunedì a Farah, nell’ovest del paese.
La polizia locale non riesce a contenere quel fenomeno chiamato “insurgent”.
Sono tutti quelli che vogliono gli stranieri fuori dal paese, si fanno saltare in aria e tengono in mano le armi del terrore. Vengono pagati appositamente dai Talebani, lo stipendio mensile può variare dai 300 ai 600 dollari al mese.
I kamikaze vengono addestrati, alle loro famiglie viene garantito cibo e protezione e per ammazzarsi vengono lautamente retribuiti, da un minimo di 500 ad un massimo di 1500 dollari. La morte ha un prezzo stabilito in Afghanistan, ma una volta avuta la somma più consistente i familiari del suicide bomber vengono aiutati con elargizioni periodiche, come spiega il generale Rosario Castellano, comandante della Folgore e delle forze Isaf nell’ovest.
Il quadro sconcertante viene disegnato dal Regional command West di Herat, che ha tradotto in cifre le informazioni raccolte dall’intelligence. E in un paese dove lo stipendio medio di un militare è di 70 dollari al mese, essere pagati per uccidere fa arrotondare, anche se in modo macabro, i guadagni.