La produzione di cocaina in America Latina, sempre in aumento, ha scatenato un’ondata di violenza, corruzione e dislocamento di popolazioni tali da convincere governi, esperti ed autorità di polizia di cambiare i metodi usati finora per combattere il flagello, secondo un’inchiesta realizzata dal Guardian.
Il problema della lotta alla droga e di come renderla più efficace sarà all’ordine del giorno mercoledì quando ministri provenienti da tutto il mondo si riuniranno a Vienna. L’Unione Europea ed alcuni Paesi latinoamericani vorrebbero formulare una strategia di ”riduzione del danno”, come ad esempio la distribuzione gratuita delle siringhe usate per iniettare la sostanza.
Ma esperti rimasti nell’amministrazione Obama dopo aver lavorato per il suo predecessore stanno cercando di convincere il nuovo capo della Casa Bianca a non cambiare la tradizionale enfasi americana nel combattere l’offerta.
Quasi tutti coloro intervistati dal Guardian concordano nel ritenere che l’insaziabile domanda europea e statunitense di cocaina hanno reso inutili gli sforzi americani di ridurre l’offerta della droga ed inflitto enormi danni all’America Latina.
”Consideriamo la guerra alle droghe un fallimento – ha dichiarato Cesar Gaviria, ex-presidente colombiano e co-presidente della Commissione Latino Americana su droghe e democrazia – perché nessuno degli obiettivi che ci eravamo prefissi sono stati raggiunti. Politiche basate sulla distruzione delle coltivazioni, sulle proibizioni e sulla criminalizzazione non hanno funzionato. Siamo oggi più lontani che mai dallo sradicamento dei traffici di droghe”.
La Commissione sollecita un cambiamento, dalla repressione ad un approccio di salute pubblica, inclusa la depenalizzazione della marijuana. Scoraggianti statistiche sulla coltivazione, sull’esportazione e sugli assassinii legati ai traffici hanno contribuito ad aumentare le richieste di sostituire la politica che risale al presidente Richard Nixon con una diretta a ridurre la domanda di droga.
Oltre 750 tonnellate di cocaina vengono annualmente esportate dalle Ande, un traffico del valore di miliardi di euro che ha scacciato i contadini dalle loro terre, scatenato guerre di bande e corrotto le istituzioni dei Paesi coinvolti.
Quasi 6.000 persone sono morte in Messico l’anno scorso in violenze collegate ai traffici di droga, un’ecatombe senza precedenti che rischia di spostarsi gradualmente verso nord, negli Stati Uniti. Una nuova via di contrabbando tra l’America Latina e l’Africa Occidentale si è sviluppata a tal punto da essere soprannominata Interstate 10 (l’autostrada che nel sud degli Stati Uniti congiunge la Florida alla California).
Il crocevia di tutti i traffici è la Colombia, primo esportatore di cocaina al mondo. A partire dal 2000 i vari governi colombiani hanno ricevuto 6 miliardi di dollari in aiuti quasi tutti di tipo militare. Ma nonostante che sono stati incendiati 1,15 milioni di ettari di coltivazioni, la produzione di coca è rimasta invariata.
Ora sembra che la pazienza degli Stati Uniti sia esaurita. In un recente rapporto – voluto da Joe Biden, attuale vice-presidente – il Government Accountability Office ha concluso che la guerra ai trafficanti colombianti è persa. Dopodiché un portavoce dell’ Office National Drug Control Policy, ha lasciato intendere che il governo di Washington potrebbe finalmente decidersi a cambiare i modi e i tempi della guerra a coltivatori e trafficanti.
LG