Il supplemento Affari & Finanza di Repubblica ha intervistato Arianna Huffington, gran dama del sito The Huffington Post, una delle donne più influenti d’America, inserita addirittura dal Financial Times fra le cinquanta persone in grado di farci uscire dalla crisi a fianco di Barack Obama (di cui è amica e ammiratrice).
The Huffington Post.com è, nelle parole della sua fondatrice, tre cose: ”innanzitutto un giornale online vero, con tutte le sezioni, i cui lettori per metà sono interessati alla politica e per l’altra metà a cronaca, costume, spettacolo, sport, cultura, ambiente. Cerchiamo di pubblicare notizie fresche, anche scomode, storie che per un motivo o per l’altro i giornali più grandi trascurano, vogliamo essere la corte d’appello per il lettore e le storie più intriganti. Secondo: è una raccolta di blog, ormai più di duemila. E infine è una community vivacissima, un luogo di dibattito aperto, un forum di confronto di opinioni anche diverse dalle nostre. Che sono, tanto per intendersi, schierate con quella che definiremmo, ci perdoni l’italianità, l’ala sinistra del partito democratico”.
Ora, annuncia la Huffington, ”stiamo per lanciare l’investigative fund, creato con alcune fondazioni per sostenere i reporter più bravi fra quelli licenziati in questi mesi sciagurati. Ci portano una proposta, la valutiamo, se è il caso finanziamo le spese di trasferta e raccolta di documenti. Poi pubblichiamo l’inchiesta sul sito».
‘Oggi HP ha 20 milioni di utenti unici mensili, un flusso costante di pubblicità (quella online in America è cresciuta del 13% nell’ultimo anno mentre quella su carta è scesa del 40) e spese contenute: l’organico è di 55 persone fra New York e Los Angeles, compresi i giornalisti, gli amministrativi e i moderatori, cioè chi verifica i tantissimi contributi spontanei che arrivano da un numero di collaboratori occasionali che ha superato il milione l’anno scorso”
Precisa Arianna Huffington: “Non voglio mettermi in concorrenza con la stampa “storica”, rispettabile e autorevole. Ma mi permetto di dare un suggerimento: gli editori tradizionali devono capire, accelerando e spingendo sulla presenza anche in rete, che siamo di fronte a una generazione, e non mi riferisco solo ai più giovani, che solamente su Internet si informa, studia, gioca, vede i film e sente musica. È lì che bisogna intercettarla».