Il ministro dello Sviluppo Economico, Claudio Scajola, spariglia le carte nella maggioranza. E lo fa con una proposta apparentemente semplice: fare una sorta di “sanatoria bis” non solo per colf e badanti ma anche per altre “categorie di lavoratori”, immigrati senza il permesso di soggiorno, senza i quali l’economia italiana andrebbe a rotoli.
«La lotta all’immigrazione clandestina – ha detto il ministro in un’intervista al Corriere della Sera – era un impegno preso con gli elettori ed è stato mantenuto. Ma ora è giusto intervenire per sanare situazioni più delicate, che nulla hanno a che fare con la criminalità, come le badanti. E forse anche altre categorie di lavoratori».
Un sasso gettato nello stagno che non ha tardato a suscitare reazioni e polemiche. Un “no” secco è arrivato dalla Lega: «Di sanare altre categorie proprio non se ne parla» ha tagliato corto Roberto Calderoli, ministro per la Semplificazione, per il quale la sanatoria delle badanti era necessaria in quanto legata all’emergenza dei “vecchietti”.
E una risposta negativa è arrivata anche da Maurizio Gasparri: «L’ipotesi Scajola non esiste. Sono chiacchiere da ombrellone», ha detto. Tanto che il ministro dello Sviluppo economico ha sentito nel pomeriggio il bisogno di precisare il suo pensiero: «Non interventi generalizzati -ha sottolineato -, ma piuttosto mirati, per coprire carenze di personale in settori specifici, come quello degli infermieri o di altri profili professionali necessari per le nostre imprese».
Dall’atra parte del Pdl, l’area più vicina a Gianfranco Fini, apprezza la proposta di Scajola. Come ad esempio Benedetto Della Vedova, che guarda con favore alla «visione politica e il buon senso» del ministro. È il tempo di passare dai «proclami ideologici» (della Lega) ad un po’ di «sano pragmatismo», aggiunge, estendendo la regolarizzazione anche «a quelle imprese e a quei lavoratori stranieri altrimenti condannati allo stato di “delinquenti”».
Ma quanti sono gli «irregolari» che potrebbero essere «sanati»? Della Vedova fa una stima di 250-300mila, sulla base delle richieste di assunzione relative al decreto flussi dei soli anni 2007-2008: «appena» il 10 per cento degli immigrati regolari residenti in Italia. Persone impiegate soprattutto in imprese di costruzioni, nell’agricoltura, nel turismo, nell’industria manifatturiera e nel commercio al dettaglio.