Base americana di Camp Liberty, vicino all’aeroporto internazionale di Baghdad. Un soldato Usa perde il controllo dei nervi, le autorità diranno poi che era afflitto da “esaurimento nervoso”, imbraccia il fucile e spara. Spara sui suoi commilitoni, ne uccide quattro, ne ferisce altri e poi si toglie la vita. Questo l’imbarazzante oltre che drammatico resoconto ufficiale che peraltro si è fatto attendere alcune ore alimentando perfino il sospetto di un attacco della guerriglia.
Se infatti lo stato di alterazione psichica, l’esaurimento nervoso, era noto da tempo, perchè il militare era ancora in servizio nella base, in zona di guerra? E, se così non è, se non c’erano stati segnali premonitori, come è stata possibile la diagnosi post mortem dell’omicida-suicida? Resta il fatto di una terribile storia di sangue, di un prezzo comunque pagato allo stress di guerra. Come molti film hanno raccontato, come la realtà purtroppo conferma.