Prima ancora che terrorizzare gli americani, la bancarotta della General Motors è uno spauracchio che li fa imbestialire. Questo il dato che emerge da un’inchiesta dell’Huffington Post, centrata sui cambiamenti nelle vite e nelle città che vedono sgretolarsi la loro principale fonte di occupazione.
E le reazioni degli abitanti della “fascia della ruggine”, la zona nel nord est degli Usa con la più alta concentrazione di industria meccanica, sono tra lo stizzito e il rabbioso. È il caso di Joseph MacDonald che si limita a dire: «Sono nato e cresciuto a Flint – città del Michigan scenario di diversi documentari di Michael Moore, messa in ginocchio dalla chiusura di undici stabilimenti GM – Direi che non serve aggiungere altro».
Simile il racconto di Al Kelush, di Flushing, a una decina di miglia da Flint, che evita di parlare troppo «altrimenti mi sale la pressione».
C’è anche chi ha voglia di discutere e ricordare come la casa automobilistica abbia già creato problemi in altri posti. Jacob Hicks, ad esempio, teme una nuova Danville, cittadina dell’Illinois trasformatasi in un luogo spettrale dopo la chiusura di un impianto General Motors nel 1996. «Danville, adesso è un guscio vuoto. Ha subito un colpo da cui non si riprenderà più. Mi sento male al pensiero di chi, adesso, ha davanti un futuro simile per le proprie case».
Il resto è un fiorire di testimonianze di intere famiglie occupate nell’azienda di Detroit. La chiusura le priverebbe, contemporanemente, di tutte le fonti di reddito. Ci sono poi i pensionati, come la signora Mallicot, 85 anni e seri problemi agli occhi, che vede a rischio la prosecuzione delle cure mediche. In caso di fallimento, infatti, le visite specialistiche sarebbero tra i primi benefit per dipendenti ed ex dipendenti ad essere tagliati. Bonus come questi sono ora nell’occhio del ciclone perché considerati come il simbolo di una gestione scorretta. Eppure, sono proprio le conquiste dei sindacati Usa che hanno permesso l’innalzamento del tenore di vita nei distretti industriali.
Grande amarezza anche per Kay Peariso con nonno, padre, marito e figlia impiegati alla General Motors che ricorda le lotte sindacali degli inizi e tutte le persone vittime di incidenti sul lavoro. «Flint, già adesso, sembra una zona di guerra devastata da una bomba. Case abbandonate e scuole che chiudono una dopo l’altra. E dilagano tossicodipendenza ed alcolismo». Il motivo? «Nel 1962, quando Gm ha assunto mio padre c’erano 20 mila occupati. Oggi saranno si e no 700». Prima di mandare tutto in malora, conclude la Peariso «si ricordino che noi abbiamo volti, famiglie e nomi. Insomma siamo veri esseri umani e non semplicemente numeri».
* Scuola superiore Giornalismo Luiss