Sorridente e sereno, Benedetto XVI ha salutato con cordialità Gianni Letta, il sottosegretario alla presidenza del Consiglio che lo ha accolto al suo arrivo a Viterbo. Letta seguirà, in giornata, tutti gli appuntamenti del Pontefice in questa visita pastorale molto attesa dopo le tensioni che hanno seguito l’attacco del Giornale al direttore di Avvenire Dino Boffo, poi dimessosi.
«Questa Chiesa di Viterbo ama il Papa, ama Benedetto XVI come ha amato i suoi predecessori», lo ha salutato il vescovo Lorenzo Chiarinelli che gli ha rivolto un breve discorso sulla Loggia dell’antico Palazzo dei Papi, dove il Pontefice è giunto in ”Papamobile” dal vicino eliporto, seguito dalle autorità che lo accompagnano, tra le quali il nunzio apostolico Giuseppe Bertello, l’ambasciatore d’Italia Antonio Zanardi Landi e il direttore dell’Osservatore Romano Giovanni Maria Vian.
«Qui ebbe luogo – ha ricordato monsignor Chiarinelli – quel lungo e travagliato Conclave del 1271, nel quale si rischiò che prevalessero logiche mondane che dopo 33 mesi elesse Gregorio X, un Papa la cui santità dimostra che Dio scrive diritto anche su righe storte».
Il vescovo di Viterbo ha fatto cenno anche un tema di grande attualità, come quello dell’immigrazione, ricordando la tradizione di accoglienza di questa chiesa locale e auspicando che «nessuno debba vagare errabondo senza casa e vivere da straniero».
Al Palazzo dei Papi, dove lo hanno salutato anche il sindaco Giulio Marini e il presidente della Regione Lazio Piero Marrazzo, Papa Ratzinger ha benedetto le nuove porte di bronzo, opera della scultore Roberto Ioppolo, che celebrano la maxi-fusione, decisa nel 1986 da Papa Wojtyla, delle sei diocesi preesistenti: Acquapendente, Bagnoregio, Tuscania, San Martino al Cimino, Montefiascone e Viterbo.
«Il più immediato dei segni di Dio è certamente l’attenzione al prossimo, secondo quanto Gesù ha detto: Tutto quello che avete fatto a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me». Benedetto XVI lo ha ricordato nell’omelia della messa celebrata nella Valle Faul, gremita da 20 mila fedeli della diocesi di Viterbo.
In proposito il Papa ha ricordato l’episodio evangelico della guarigione di un sordomuto, che testimonia, ha detto, «l’ardente desiderio di Gesù di vincere nell’uomo la solitudine e l’incomunicabilità create dall’egoismo, per dare volto ad una nuova umanità, l’umanità dell’ascolto e della parola, del dialogo, della comunicazione, della comunione».
« Una umanità buona – ha scandito il Papa teologo citando la Lettera di San Giacomo e il Concilio Vaticano II che la ha attualizzata – come buonaè tutta la creazione di Dio; una umanità senza discriminazioni, senza esclusioni, così che il mondo sia veramente e per tutti campo di genuina fraternità».
«Cara Chiesa di Viterbo, il Cristo, che nel Vangelo vediamo aprire gli orecchi e sciogliere il nodo della lingua al sordomuto, dischiuda – ha invocato Ratzinger – il tuo cuore, e ti dia sempre la gioia dell’ascolto della sua Parola, il coraggio dell’annuncio del Vangelo e la scoperta del suo Volto e della sua Bellezza».