Amnesty Internazional ha reso noto che alcune nazioni, pronte a inviare aiuti, hanno per il momento rinunciato per il timore che questi vengano «accaparrati» dall’esercito birmano. Lo stesso timore è stato espresso da Anthony Banbury, direttore regionale del Pam: «Non vogliamo arrivare con gli aiuti all’aeroporto, scaricare e andarcene», ha detto Banbury, facendo capire perché gli aerei con gli aiuti non hanno ancora ricevuto le autorizzazione per atterrare in Birmania.
Secondo le stime ufficiali birmane, Nargis ha provocato almeno 22.980 morti e 42.119 dispersi, ma fonti americane parlano di non meno di 100 mila vittime e di oltre un milione di senzatetto. Tin Win, responsabile militare di uno dei distretti di Labutta, situata nel cuore del delta dell’Irrawaddy, ha detto che «allo stato attuale il bilancio nei villaggi è di circa 80 mila morti», aggiungendo che, dei 63 villaggi che circondano Labutta, alcune decine sono stati spazzati via. La tv statale birmana ha mostrato il primo ministro, generale Thein Sein, distribuire aiuti e sacchi di cibo ai malati e ai feriti dalla furia del ciclone nel delta dell’Irrawaddy, la zona più colpita da Nargis. La radio statale ha reso noto che ci sono stati episodi di saccheggio a Rangoon dove si è diffusa la notizia di un imminente terremoto e dell’arrivo di un altro tifone. Intanto iniziano le proccupazioni sanitarie, soprattutto per la mancanza di acqua pulita anche perché migliaia di chilometri quadrati sono ancora allagati. Anche il tetto della casa del premio Nobel per la pace, Aung San Suu Kiy, sarebbe stato spazzato via dal vento.