Bologna, niente coro gay in parrocchia. Interviene l’arcivescovo che cita Ratzinger

Niente prove in parrocchia per Komos. La pecca del primo coro al maschile in Italia, composto da 25 uomini, non è la musica, né il disturbo, ma i gusti sessuali: nei locali ecclesiastici i gay non sono ben accetti. La sala prove allestita all’interno dei locali della chiesa di San Bartolomeo della Beverara, a Bologna,  non potrà più ospitarlo a causa delle posizioni ben note del Vaticano in materia di omosessualità.

Per i cantanti diretti da Paolo Montanari arriva lo sfratto, comunicato con dispiacere da Don Nildo, spinto da una lettera scritta dall’arcivescovo della diocesi, Carlo Cafarra, il 7 agosto scorso. Il cardinale cita un documento della Congregazione «sulla cura pastorale delle persone omosessuali», rivolto a tutti i vescovi, datato 1986 e scritto soprattutto da Joseph Ratzinger.

«Con una certa ingenuità ho creduto che questa sistemazione potesse durare», ha commentato con amarezza il direttore del coro. Komos aveva già traslocato nel luglio scorso dai locali dell’Arcigay di Bologna, ora si ritrova nuovamente senza sistemazione e si rivolge al Comune e alle associazioni cittadine con un appello affinché la formazione specializzata in musica classica non sia costretta a sciogliersi: «Cerchiamo uno spazio adatto  per ospitarci».

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