Flavio Briatore e Pat Symonds hanno lasciato la Renault. Come scriveva anche Blitzquotidiano ieri, riportando l’indiscrezione fornita dal quotidiano sportivo spagnolo “As”, Briatore paga l’evoluzione dello spinoso caso Piquet, unitamente ai pessimi rapporti col superboss della Formula 1, Max Mosley.
Nel calderone dobbiamo mettere anche la posizione di Bernie Eccestone, il grande burattinaio del circus, che era stato chiaro sul “fare di tutto per evitare la dipartita della Renault dal Mondiale”. Il gioco è, così, presto fatto: Briatore e Symonds pagano per tutti, in una vicenda orridamente antisportiva nel profondo.
La Formula 1 aveva iniziato male l’annata, la sta chiudendo peggio. Nel nostro pagellone immaginario facciamo fatica ad individuare “alunni” sufficienti. Uno dei pochi è sicuramente il povero Felipe Massa che, qualora la gara di Singapore (il Gp incriminato del Renaultgate) fosse azzerata e non considerata, si ritroverebbe campione del mondo 2008. Senza esultare, senza correre. Grande tristezza.
La stampa internazionale mette in grande evidenza la vicenda Briatore-Piquet-Renault. Il “Times”, nell’editoriale a firma di Edward Gorman, descrive “La disgraziata fine della carriera di Briatore”. Per la “Bild” Briatore è “al centro del caso Piquet”. Francia, “L’Equipe”: “Affaire Renault, la dipartita di Briatore”. Lo spagnolo “El Pais” parla di “abbandono dopo lo scandalo”. Stessa posizione, oltreoceano, per l’americana Espn che scrive: “Flavio Briatore messo alla porta dopo lo scandalo”.
Scandalo, è questa la parola giusta che ormai, però, fa sempre meno effetto, almeno in Italia. Lo scandalo da noi ha subìto una preoccupante normalizzazione e per capire la gravità di una vicenda abbiamo bisogno di mettere il naso fuori per vedere come ci giudicano gli altri. Male, naturalmente. Come in molti altri casi.