Li hanno portati in sala operatoria, i chirurghi hanno inciso e hanno pensato di aver sbagliato paziente: le cellule cancerose non c’erano più, il tumore alla prostata da estirpare si era ridotto in maniera da risultare quasi invisibile. E non erano due malati di cancro alle prime fasi del carcinoma, erano due pazienti che arrivavano sotto i ferri praticamente senza speranza, con la sola prospettiva di guadagnare qualche mese di vita.
Cosa era successo? Era successo che i due avevano assunto una sola dose di Ipilimumab, un nuovo farmaco che funziona bloccando il sistema che il tumore usa per rendere inutile il sistema immunitario. Insomma, il tumore annulla le difese dell’organismo, l’Ipilimumab annulla il modo in cui il tumore lo fa. «Questo è come il santo Graal della ricerca sul cancro alla prostata» è stato il grido di autentica gioia del dottor Eugene Know, l’urologo che ha diretto il trattamento.
Il tutto è accaduto alla clinica Mayo negli Usa e il quotidiano inglese The Indipendent lo ha raccontato in prima pagina, con nome e cognome dei due pazienti: Rodger Nelson e Fructuoso Solano-Revuelta. La loro storia potrebbe ripetersi ovunque per migliaia, decine e centinaia di migliaia di altri malati di cancro alla prostata. Un tumore che colpisce buona parte della popolazione maschile in tutto il mondo dopo i 60 anni. Quello alla prostata è infatti la forma più diffusa di cancro nell’uomo. Ora sappiamo che l’Ipilimumab funziona e che potrebbe essere realtà curativa, terapia concreta per i malati italiani tra tre anni.
