Il problema del sovraffollamento delle carceri soprattutto in questo periodo di grande calura, è stato oggetto di una circolare del capo del diparticomento della polizia penintenziaria, Franco Ionta. L’indulto ha infatti da tempo esaurito la sua funzione e i penitenziari sono di nuovo pieni. Risultato: 34 suicidi tra i detenuti, rivolte e 4 agenti feriti dall’inizio dell’anno.
Ionta, per fronteggiare l’emergenza ha deciso di aprire le porte blindate delle celle, e non solo. Ora d’aria più lunga e passeggiate più estese sono solo due dei provvedimenti «conseguenti all’emergenza causata dall’imminente stagione estiva».
Ma, al di là dei singoli provvedimenti, la circolare sembra inaugurare una nuova filosofia, quella degli «spazi detentivi a gestione aperta». Una logica nuova resasi necessaria, secondo Ionta, in seguito alla «fase critica che stanno attraversando gli istituti penitenziari italiani». Se subito dopo l’indulto, infatti, i detenuti nel nostro Paese erano meno di 40.000, adesso sono oltre 64.000. Con tendenza all’aumento.
I sindacati della polizia penitenziaria, però, protestano e parlano di «resa dello stato». Secondo Leo Beneduci, segretario nazionale dell’Osapp (Organizzazione Sindacale Autonoma Polizia Penitenziaria), infatti, il problema vero è il «fallimento del sistema carcerario italiano. Un modello che non rieduca ma che è una vera e propria scuola criminis».
In ogni caso, i carceri aperti dovrebbero diventare realtà solo per i «i detenuti di minore pericolosità, da individuarsi secondo alcuni criteri oggettivi: fine della pena inferiore a due anni, assenza di precedenti disciplinari e buone condizioni psicofisiche».