Le carceri scoppiano, le celle sono invivibili, il numero di detenuti sale e gli agenti della polizia penitenziaria non riescono a gestire più il disagio ormai collettivo. È una situazione al collasso, una bomba ad orologeria che adesso si è spostata anche sulla carta.
A Trento centocinquantasei detenuti del carcere di via Pilati chiedono di essere risarciti per «le condizioni inaccettabili di vita all’interno della struttura», come si legge nella denuncia presentata alle autorità .
Dalle celle si è levato un coro di voci che chiede che «i termini minimi di vivibilità siano rispettati». I detenuti chiedono i danni per le celle strettissime in cui sono costretti a dormire, per la mancanza di personale carcerario, per il caldo asfissiante e per il numero inaccettabile di persone che vivono in pochi metri quadri: 11 persone in un ambiente concepito per ospitare al massimo 4 persone.
Ad occuparsi del caso sono i legali dell'”Associazione diritti dei detenuti” di Roma, che punta a chiedere i rimborsi in base alla recente sentenza della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo di Strasburgo che ha condannato l’Italia a risarcire un carcerato bosniaco con una somma pari a 1.000 euro, per lo spazio minimo in cui ha trascorso i suoi giorni di prigionia.
A Venezia la protesta ha raggiunto livelli da vera e propria guerriglia. Nella notte, al terzo piano della Casa Circondariale di Santa Maria Maggiore, sono state date alle fiamme coperte e giornali, distrutte le celle, divelti oggetti.
La Segreteria Regionale del Triveneto della Uil Pa Penitenziari, nelle parole del segretario regionale, Leo Angiulli, denuncia una situazione rovente: «L’inizio del Ramadan è stato sempre un momento di tensione accresciuta. Ma questa degenerazione violenta delle proteste nulla ha a che fare con la religione, anche se è auspicabile che l’Amministrazione faccia ogni sforzo per gestire questa delicata fase».
A Padova, invece, una maxi-rissa ha costretto gli agenti all’allerta, nonostante la polizia penitenziaria da mesi denunci le condizioni di lavoro precarie, i turni insostenibili e l’assenza di ferie.
Eugenio Sarno, segretario Generale della Uil Pa Penitenziari, che già nei giorni scorsi aveva lanciato un appello alla calma, mostra preoccupazione: «I fatti di Venezia come quelli di Padova, come ancora prima quelli di Firenze, Perugia, Como e così via con la loro natura violenta non sono una dimostrazione di solidarietà , tantomeno possono essere ascritti nel campo delle proteste. Sono fatti violenti e basta. In quanto tali li condanniamo con fermezza. Con quella stessa fermezza con cui denunciamo – aggiunge Sarno – le incivili e indegne condizioni strutturali dei nostri penitenziari aggravate dal traboccante sovrappopolamento e le penalizzati, afflittive, indecorose condizioni di lavoro del personale penitenziario. Se è legittimo manifestare e protestare non è consentito degenerare. Pertanto ci appelliamo al senso di responsabilità perchè non si acceleri il precipitare di una situazione colpevolmente lasciata fermentare nell’indifferenza e che ben presto potrebbe connotarsi per una estrema ingestibilità ».
