Carl Lewis, il figlio del vento, ha compito 60 anni. Alle Olimpiadi ha vinto 10 medaglie di cui nove d’oro. Una leggenda. Nato in Alabama il primo luglio 1961. L’ultimo trionfo olimpico a 35 anni. Voleva il primato olimpico di Owens ( poker di medaglie) e c’è riuscito.
Carl Lewis ha compiuto 60 anni il primo luglio. Nel mese delle Olimpiadi di Tokyo. Bella coincidenza. Il “figlio del vento” è considerato uno dei più grandi atleti di tutti i tempi, avendo partecipato a 4 Olimpiadi ( dal 1984 al 1996 ). Saltò quelle di Mosca per il boicottaggio americano dei Giochi olimpici.
Carl Lewis ha cominciato a macinare record nel 1983 e non si è più fermato. È stato l’atleta simbolo degli anni ‘80.
Aveva tutto del vincente : l’eleganza, lo stile , l’arroganza.
Ha combattuto battaglie per i diritti civili senza aver mai paura di schierarsi. Come quella volta che ha posato con i tacchi a spillo.
La velocità e il salto in lungo sono stati i territori di caccia che – all’epoca – finiva sulle copertine di tutto il mondo. Il CIO, Comitato Internazionale Olimpico, l’ha nominato “Atleta del secolo”.
Nel 1984, alle Olimpiadi di Los Angeles, ha coronato un sogno che sembrava impossibile realizzare. Ripetere l’impresa di Jessie Owens a Berlino nel 1936. Cioè vincere i 100, 200, 4×100 e salto in lungo.
Il record del salto in lungo registrato, pensa un po’, a Tokyo ( 8,87 metri ), l’ha mantenuto per trent’anni.
Vegano, ambasciatore FAO da più di dieci anni, paladino della lotta al doping nello sport, di idee progressiste, nel 2012 si voleva candidare con il Partito Democratico, ma non fu ammesso per problemi di residenza.
Attore, uomo di spettacolo tout court. Aveva uno slogan che ripeteva spesso, ovunque. Eccolo: “Forse riuscirai a vincere o forse no. In ogni caso cerca di essere sempre tu a controllare la corsa. Vale nello sport, vale nella vita”.
È stato molto chiacchierato, molto stimato, molto vincente. Ha portato in giro per il mondo “ la sua straordinaria diversità “ (Furio Zara su Vanity Fair). Classe, stile, potenza.
Un ricordo personale su Carl Lewis di Enrico Pirondini
Anni ‘80. Giorgio Tosatti, indimenticabile direttore del Corriere dello Sport, mi manda al Sestriere a seguire il duello Lewis-Ben Johnson. E mi raccomanda: ”Se ti riesce intervista Carl Lewis. Sarà difficile, ma provaci “.
Niente di più facile. Prendo contatto con la sua addetto stampa (un frugolino vivace e creativo), dico che possiamo incontrarci in Sala stampa alle 15, va bene? Lei dice :” Te lo farò sapere”.
Ok. Mi sistemo sulla tribunetta stampa e aspetto, poco convinto. Poco prima delle 15 la signorina arriva sotto la tribunetta e sventola una lavagnetta su cui leggo “Ok, ore 15”. L’escamotage mi salva l’esclusiva. Resto comunque perplesso.
Me la prendo comoda. Lascio la mia postazione contro voglia. Arrivo in Sala stampa con cinque minuti di ritardo. E trovo il figlio del vento che mi aspetta per niente irritato. Mi scuso. Carl Lewis sorride, mi dà una pacca sulla spalla. È lui che tranquillizza me. Un autentico signore.