Formaggio senza latte, vino senza uva, aranciata senza arance. Sembrano paradossi. Anzi, certamente lo sono. Eppure gli scaffali dei supermercati pullulano di prodotti “mascherati”. C’è persino il biologico contaminato con gli organismi geneticamente modificati. Ed è tutto regolare: il permesso porta la firma della Commissione europea. Dove, si sa, l’Italia conta poco.
È il quotidiano “La Stampa” ad offrire l’ampia panoramica sui cibi col tranello. Camuffano la verità nell’etichetta per svelarla solo sul retro, alla voce “ingredienti” e a caratteri necessariamente minuscoli. La «galleria delle schifezze», come l’ha chiamata il ministro dell’agricoltura Luca Zaia, è in mostra in un grande albergo di Bruxelles. Un museo degli orrori alimentari messo su dalla Coldiretti per richiamare l’attenzione su una tendenza che danneggia soprattutto chi, come l’Italia, punta sulla qualità.
D’altronde paesi come la Germania (che l’uva non sanno nemmeno come sia fatta) hanno tutto da guadagnare dalla liberalizzazione del vino taroccato. E in Commissione l’Italia delle piccole aziende agricole soccombe di fronte alle potenti lobby tedesche, francesi e scandinave.
Tutti in guardia quindi e occhio al rosé. Da agosto potremmo trovarci in tavola un semplice miscuglio di vini bianco e rosso. Formaggio derivato del latte? E perché mai? Da gennaio 2009 si può fare con caseina e caseinati fino al 10 per cento. Aranciate? Scordiamocele: si chiamano «bevande di fantasia». Le ha battezzate così la Commissione stessa quando ha abolito le percentuali minime di frutta che il drink deve avere per derivarne il titolo. Tutto è permesso, insomma.
L’unica consolazione che ci rimane è la protezione dei marchi tutelati. Dal prossimo luglio ne farà parte anche l’olio d’oliva di qualità. Per lui arriva l’etichetta “doc”.
*Scuola Superiore Giornalismo Luiss