Non si placa lo scontro tra tibetani e cinesi dentro e fuori la Cina. La polizia cinese ha aperto il fuoco e ucciso un manifestante filo-tibetano nella provincia di Qinghai, un’area popolate da molti tibetani.
Lo ha reso noto la stampa cinese e la notizia è la prima ammissione ufficiale da parte delle autorità di Pechino di una vittima provocata dalle forze di polizia cinesi. Nello scontro a fuoco con gli agenti è rimasto ucciso anche un poliziotto.
E’ la prima volta che le autorità cinesi ammettono di aver ucciso un manifestante dall’inizio degli incidenti nel marzo scorso in Tibet e nelle regioni limitrofe. Nel corso della sparatoria, avvenuta nella provincia di Qinghai, dove vi è una forte presenza di tibetani, è rimasto ucciso anche un agente di polizia. L’incidente si è verificato nel corso dell’inseguimento da parte delle forze dell’ordine di un «gruppo di insorti che chiedevano l’indipendenza del Tibet», ha precisato l’agenzia. Secondo le autorità il gruppo aveva cercato di convincere dei pastori tibetani del distretto di Dari a manifestare nel periodo degli scontri di Lhasa, capitale del Tibet. «Dopo un’inchiesta durate un mese, la polizia si è recata sul posto per arrestare i presunti sobillatori. Uno di questi ha opposto resistenza all’arresto e ne è derivata una sparatoria», spiega l’agenzia del regime «Nuova Cina».
Intanto la torcia olimpica è tornata sul suolo cinese dopo il suo travagliato viaggio costellato dalle proteste dei manifestanti per il Tibet libero, in 20 diverse nazioni. La torcia è giunta ad Hong Kong dove poi proseguirà il suo viaggio all’injterno della Cina. Prima del suo arrivo le autorità hanno arrestato e deportato 7 attivisti pro-Tibet che si preparavano a contestare il simbolo olimpico.
