In Cina il sangue versato grida vendetta, le vittime sono marchiate dall’odio etnico che si nasconde da entrambe le parti. Dalle strade di Urumqi la cronaca racconta l’esasperazione e la violenza.
La furia della folla ha ucciso un ragazzino, zoppo, faceva il lustrascarpe. Ma il mestiere conta poco adesso in Cina. Quel giovane era uiguro e si sono scagliati in tanti contro di lui, con lame e bastoni. Lo hanno aggredito in un vicolo stretto. Poi la violenza si è spostata contro due uomini che lavoravano alla reception dell’albergo Light of the Dawn. Hanno provato a nascondersi sul retro, ma decine di uomini di etnia Han li hanno raggiunti, a calci e pugni li ha immobilizzati, fino a quando la lama di un coltello non ha trafitto la testa di Abulimit Asim. Volevano ucciderlo, ma non ci sono riusciti.
Nello Xinjiang, la regione occidentale del paese con oltre 20 milioni di abitanti, questi episodi sono all’ordine del giorno da anni. La lotta intestina che mina l’equilibrio della Cina è arrivata al capitolo più bellicoso della sua storia. Da decine di anni Han e Uiguri si detestano a vicenda, ma gli Han sono in maggioranza. Gli Uiguri sono musulmani, parlano una lingua di discendenza turca e si sono spostati in Cina dalla Mongolia nel X secolo. Sono contadini, pastori, gente semplice che spera in una vita dignitosa.
Molti di loro cercano fortuna nella capitale, ma il governo cinese a maggioranza Han, fa ostruzionismo. «Ci vogliono annientare, vogliono cancellare le nostre tradizioni, il nostro modo di vestire e la nostra lingua», racconta un mercante di Urumqi. Per le autorità cinesi la responsabilità dei morti delle scorse settimane nella regione, in seguito alle manifestazioni uigure, è dei “terroristi”, di quelli che Pechino chiama rivoltosi, di quelli che hanno provocato la morte di 184 persone. La Cina non ha dubbi, sono Uiguri.
Secondo l’opinione più comune non possono competere con gli Han: non hanno la stessa cultura, lo stesso stile, lo stesso modo di rapportarsi al potere e conoscono solo pochi rudimenti di Mandarino.
La paura e l’ignoranza hanno generato un disprezzo che in Cina rischia di scoppiare, ma il sangue potrebbe spargersi ancora, e non solo da una parte.