La Germania invece va avanti decisa: "Non possiamo ritardare l’accordo" sul pacchetto clima, "bisogna chiudere entro dicembre", dice il ministro tedesco per l’Ambiente, Gabriel Sigmar, che però aggiunge: "occorre ricercare un equilibrio tra le industrie europee a forte utilizzo di energia e gli obiettivi sul clima".
Quelle di oggi e domani sono giornate cruciali per la politica europea sul clima: i ministri Ue si confrontano sul pacchetto clima-energia, che testimonia l’impegno dell’Europa a fare la propria parte nello sforzo di stabilizzazione dei cambiamenti climatici. Sul tavolo del Consiglio, il ministro Stefania Prestigiacomo pone la richiesta dell’Italia di un rinvio dell’entrata in vigore del pacchetto proposto dalla Commissione Ue per consentire un approfondimento dei costi effettivi per il sistema industriale dei tagli alle emissioni di CO2, giudicati più penalizzanti per l’industria italiana, rispetto a quelle di altri Paesi.
"Il pacchetto così com’è non è appropriato, è insostenibile e necessita di cambiamenti profondi" ha spiegato Prestigiacomo prima dell’inizio della riunione a Lussemburgo. L’Italia, quindi, chiederà una "clausola di revisione" dell’accordo, ribadendo al tempo stesso le proprie "buone intenzioni". Chiediamo modifiche, spiega il ministro, "e speriamo che vengano accolte".
L’Italia è capofila dell’opposizione alla linea europea, che con l’obiettivo 20-20-20 punta sull’incremento dell’efficienza energetica e delle fonti rinnovabili. A fianco delle richieste di Roma di più tempo per approfondire il problema dei costi per la riduzione dell’anidride carbonica, ci sono Polonia, Ungheria, Romania, Bulgaria, Repubblica Ceca, Slovacchia, Estonia, Lettonia e Lituania.
Lo scontro con Bruxelles è sulle cifre: l’Italia stima un costo per l’economia di 25 miliardi di euro l’anno per ridurre le emissioni di CO2, per Bruxelles invece il costo è tra 9 e 12 miliardi.