Alle undici di sera di ieri, tre ore dopo la lettura del verdetto della Cassazione che ha confermato la condanna a 16 anni, Anna Maria Franzoni ha intrapreso il viaggio verso il carcere seduta su una Panda dei Carabinieri scortata da altre due gazzelle. Erano quasi le tre quando ha varcato il portone del carcere bolognese della Dozza.
L’avvocato Paola Savio però non si arrende: "Se emergeranno nuovi elementi, magari con l’ausilio di tecniche scientifiche diverse, si può sempre ricorrere alla revisione del processo", ha detto durante la trasmissione Matrix a Canale 5. "Il procedimento ha esaurito suoi gradi, ma il nostro ordinamento prevede anche l’istituto della revisione. E’ un’eventualità anche se parlanrne adesso è un po’ presto".
Davanti alla casa dove la Franzoni si era rifugiata, ieri sera si erano dati appuntamento un gruppetto di amici. "Anna Maria ti volgiamo bene", le ha gridato una donna. Davanti al portone, la tensione è salita e la rabbia degli abitanti del paese è esplosa contro i giornalisti: "Lasciatela in pace. Basta!" Anche le due sorelle di Annamaria hanno urlato: "Sciacalli, andatevene via".
Nella casa di Elisabetta Armenti, la responsabile del comitato pro-Annamaria, ieri sera c’era anche il parroco don Marco Baroncini, quello che al processo di appello studiava i documenti e aiutava gli avvocati della difesa, e il suocero di Anna Maria, Mario Lorenzi che nel pomeriggio era rimasto a lungo nella chiesa del paese a recitare il rosario per il Sacro Cuore.
In attesa, con una fiducia strozzata in gola fino a tarda sera, erano rimasti anche gli abitanti di Monteacuto Vallese, il paese dove la madre di Cogne è nata e cresciuta e dove vivono ancora i suoi genitori. Nonostante due condanne prima della sentenza definitiva, il paese era rimasto fino all’ultimo dalla sua parte. Convinti, come ripetevano ai curiosi, "che non si potesse condannare una madre senza prove".
