Il Corriere della Sera pubblica un editoriale di Piero Ostellino sulla crisi economica intitolato ”I limiti del pubblico”. Lo riportiamo di seguito:
”Ora che — di fronte allo spettro della recessione — il governo ha saggiamente ascoltato le parti sociali, non è difficile immaginare che cosa accadrà da domani. Ciascuna lo tirerà per la giacca allo scopo di ottenerne i favori. Sbaglierebbe, però, il governo se — abdicando alla propria funzione di indirizzo — le accontentasse tutte e non fissasse un suo proprio ordine di priorità.
La «priorità delle priorità » è evitare di interferire nella dinamica depressiva. Le recessioni hanno, infatti, anche un risvolto positivo; quello di liquidare, se non i cattivi investimenti — cui ha già provveduto il mercato—quelli orientati alla produzione di beni e di servizi che non rispondono più alla domanda, perché il mercato ne è saturo, o perché i consumi si sono temporaneamente orientati altrove. Anche l’«Economia sociale di mercato», tanto apprezzata dai neo-statalisti e neo-dirigisti — peraltro teorizzata da un cattolico liberale , Wilhelm Roepke, e applicata da un liberale classico, Ludwig Ehrard, nella Germania del dopoguerra— esclude che lo Stato intervenga nei processi di accumulazione e consumo della ricchezza e ne legittima l’intervento «solo » per sanare i danni eventualmente prodotti dal mercato ai più deboli.
La seconda priorità è, allora, l’individuazione dell’intervento che meglio tenga conto della «priorità delle priorità» e più correttamente corrisponda alle logiche del mercato. La riduzione dei tassi di interesse — che la Banca centrale europea si appresta giustamente a fare—è una cosa; gli aiuti governativi alla produzione nazionale sarebbero un’altra. Sia la pur auspicabile riduzione dei tassi di interesse, da parte della Bce, sia gli assai meno auspicabili aiuti alla produzione, da parte del governo, non dicono, infatti, ancora niente sulla validità degli investimenti. Ma, mentre la riduzione dei tassi, decisa in sede europea, è — come ha più volte sottolineato efficacemente Mario Monti su queste stesse colonne — l’espressione di una strategia comunitaria (e congiunturale), gli aiuti governativi alla produzione sarebbero solo il risultato di una scelta nazionale che negherebbe quella europeista e minaccerebbe di diventare strutturale.
Diverso, e perciò di gran lunga preferibile, sarebbe l’intervento del governo che si concretasse in una riduzione delle tasse. Esso sarebbe, infatti, esclusivamente market oriented, in quanto i cittadini- consumatori indirizzerebbero la loro maggiore capacità di spesa, soprattutto verso prodotti di largo consumo e secondo le proprie esigenze, in una fase di «inflazione dei prezzi» come quella che è seguita all’introduzione dell’euro nel cambio con la lira. L’intervento favorirebbe, probabilmente, anche un salutare mutamento negli stili di vita degli italiani, «dai prodotti edonistici» a «quelli che funzionano» (intervista a Giulio Malgara, Corriere della Sera del 23 ottobre). La riduzione delle tasse, tradotta in reddito, non si orienterebbe ancora verso risparmio e produzione di beni durevoli, ma — superata la fase recessiva — aprirebbe la strada anche a questi”.