Massimo D’Alema ha parlato di un Berlusconi «capopopolo, un uomo che si ritiene al di sopra della legge e della morale, senza riuscire a governare il Paese».
L’ex premier, ospite a Repubblica tv, ha detto la sua sul caso Noemi Letizia: «Riguarda l’affidabilità di una persona che ha in mano le sorti del paese, riguarda l’etica condivisa degli italiani. Oggi abbiamo una classe dirigente che, con la forza della legge, ci vuole persino imporre come curarci, come morire. E con i suoi comportamenti invece offre uno spettacolo degradante che certamente ha poco a che fare con i valori condivisi della maggioranza degli italiani».
Se la Chiesa secondo D’Alema vive oggi con un certo imbarazzo l’aver simpatizzato con la destra di governo, aggiunge di «non sapere quanto di questa storia sia arrivata al grande pubblico perché certamente sul sistema dell’informazione agisce una pesante censura».
Sul caso Mills, D’Alema dichiara di comprendere «che i comportamenti di Berlusconi finiscono con l’esacerbare una parte dell’elettorato di centrosinistra. Certo la sentenza Mills mette in evidenza un certo modo di gestire gli affari, un disprezzo della legge. Al di là della corruzione, il solo fatto che il presidente del Consiglio abbia le società off-shore dovrebbe suscitare indignazione. Ma che senso ha, alla vigilia delle elezioni, provocare con una mozione di sfiducia un dibattito parlamentare? La maggioranza voterà compatta per Berlusconi e su questo titoleranno i giornali il giorno dopo», riferendosi alla richiesta di appoggio della mozione di sfiducia presentata da Di Pietro e alla richiesta di aderire a questa, sollevata da una parte dell’elettorato del Pd.
Berlusconi, secondo D’Alema, sposta «il fuoco del confronto politico. Il premier è tutto affaccendato nelle cose sue, mentre il Paese vive una crisi drammatica». Riguardo al tanto discusso consenso amplissimo di cui godrebbe il Cavaliere alla vigilia delle elezioni l’ex premier dichiara: «Il consenso di Berlusconi è abbastanza ampio, ma non esagererei. Stando ai sondaggi, una parte dell’elettorato, il 47 forse il 48 per cento di chi intende andare alle urne, voterà per lui. Ma non ci sarà non uno sfondamento elettorale. Un’altra metà, un po’ più del 47 per cento, dichiara che voterà per i partiti di opposizione. E poi c’è un italiano su tre che sta a guardare, che non ha ancora deciso. Quindi non è vero che gli italiani stanno con Berlusconi, come dice lui».
Duro il suo giudizio sulla presunta battaglia portata avanti dal Cavaliere per tagliare i seggi parlamentari con una legge di iniziativa popolare. «È un gigantesco imbroglio del premier, una manovra diversiva per distrarre l’opinione pubblica da vicende che lo imbarazzano. Si tratta di un tema condiviso quindi, se davvero si vogliono attuare le riforme, si fanno. Non si raccolgono le firme. Siamo impegnati in un dibattito che in un Paese democratico verrebbe considerato surreale. Vi immaginate la Merkel che dice “raccolgo le firme’?”. Ieri c’è stato il momento della verità, quando il Pd al Senato ha chiesto di mettere all’ordine del giorno dei lavori questa riforma e la maggioranza di governo ha votato contro. Assistiamo quindi a una doppia pagliacciata e basta questo per dire che siamo governati da una comitiva ridicola».
Sul referendum, D’Alema dichiara il suo voto per il sì. «Voterò sì. Una posizione diversa potrebbe apparire una difesa della attuale legge che è pessima. Poi, secondo me, il partito democratico dovrebbe proporre una riforma elettorale di tipo tedesco, un’ipotesi ampiamente condivisa: sono favorevoli l’Udc, una parte della Lega, solo Berlusconi è ostile».
Parlando di alleanze, D’Alema aggiunge: «Il compito del principale partito di opposizione sia collaborare con tutte le forze che si oppongono a Berlusconi. Osservo che il più delle volte – nel 90 per cento dei casi – in Parlamento votiamo con l’Udc. Al momento contrastiamo insieme le scelte che riteniamo sbagliate del governo e poi, se maturerà un’intesa politico-programmatica, penseremo ad alleanze».
È la fine dell’autosufficienza veltroniana? «Se avessimo il 51 per cento dei voti, potremmo dichiararci autosufficienti, non essendolo mi sembra una mossa azzardata che rischia il gioco dei nostri avversari». Su Rifondazione «ho sempre fatto uno sforzo perché la sinistra fosse unita, ma Rifondazione in molti casi ha dimostrato di non essere all’altezza. Quest’eccesso di litigiosità ha minato la credibilità del centrosinistra ed ha aperto la strada alla sconfitta elettorale». Su Di Pietro, D’Alema prende in parte le distanze. Pur governando insieme in molte amministrazioni dice di essere molto critico sull’aggressività dell’ex Pm nei confronti del Pd. «Di Pietro è talmente antiberlusconiano che in certi atteggiamenti gli somiglia».
Infine, D’Alema ci tiene a dire che «non rientra nei miei programmi candidarmi per fare il leader del Pd, ho molto apprezzato la discesa in campo di Bersani, anche perché non potevamo dare l’impressione che la sinistra italiana si mettesse da parte. Ma ora non parlo di candidature. Ora bisogna solo arginare Berlusconi e rilanciare il progetto del Partito democratico, anche su basi organizzative, perché questo progetto secondo me è piuttosto incerto».