Già l’effetto annuncio era stato micidiale: il 15 per cento delle assenze per malattia in meno rispetto all’anno scorso nel periodo maggio-giugno, l’11 per cento in meno a maggio – in venti giorni perché il governo ha giurato l’8 maggio – il 20 per cento in meno a giugno. Significava 13.700 persone in più al lavoro nei due mesi, 250 mila invece che 212 mila. Soprattutto un paese più sano, dove le persone, nella fattispecie i dipendenti pubblici, si ammalano meno. In fondo possiamo anche vederla da questo punto di vista.
Il 25 giugno è entrato in vigore il decreto (appena convertito dal Parlamento) e il fatidico articolo 71, quello che regola il nuovo regime delle assenze per malattia. E quindi: taglio allo stipendio, certificati obbligatori e non del medico curante "dopo il terzo evento di malattia nell’anno solare", obbligo della visita fiscale anche per un giorno solo di assenza. Titoloni sui giornali, servizi sui tg, del tipo "Potè più Brunetta della penicillina" e casi esemplari: Palazzo Vecchio ad esempio, sede del comune di Firenze dove iimprovvisamente non ci sono state più assenze per malattia. Dimezzate, in un colpo solo. Per non parlare delle inchieste, denunce e pedinamenti alle uscita secondarie dei vari palazzo e uffici. E si arriva a oggi.