«Mi triste Italia», mia povera Italia: è il sospiro, o meglio il lamento di dolore, dello scrittore spagnolo Juan Arias, che firma un lungo articolo per il quotidiano spagnolo El Paìs. Si tratta di una riflessione sull’attualità politica italiana e, in particolare, sullo stato in cui versa la libertà di stampa e informazione.
Una situazione preoccupante secondo il romanziere – autore, fra l’altro, di “L’enigma Wojtyla” e “Il Dio in cui non credo”, oltre che a lungo corrispondente per il Pais da Roma e collaboratore di diverse testate giornalistiche italiane. Talmente preoccupante che Arias arriva a rintracciare un parallelismo tra l’Italia di oggi e la Spagna franchista.
«Uno dei governi di Franco pensò di processarmi per un articolo sul comportamento della chiesa durante la dittatura. Mi convocarono a Madrid. Mi ricevette l’allora ministro José Giron. Mi disse che un suo collega aveva portato il mio articolo in consiglio dei Ministri, chiedendo la mia testa. Franco chiamò Giron per dirgli: “Lasciamo perdere questo ragazzo perchè altrimenti ne faranno un martire in Italia. Però chiamalo e avvertilo».
«Fu un avvertimento chiaramente mafioso: così era allora la Spagna, così è oggi, o quasi, l’Italia».
Un Paese che, come ricorda lo stesso Arias, «fu bandiera di libertà e cultura», oggi è invece «guidato da un politico che censura l’informazione che non gli interessa. Che cosa è successo in Italia? Perchè oggi è talmente difficile da riconoscere per coloro che l’amano?».
Arias aggiunge poi che Giulio Andreotti «diceva dei politici spagnoli che mancavano di finezza. Tristemente, è proprio la finezza ciò che manca ora a tanti politici italiani, a cominciare dal premier e dalla sua corte faranoica, che hanno orrore e timore dell’informazione libera».
