Al Sud i voti si vendono, come cento, come cinquanta anni fa, come sempre. Lo raccontano due candidati alle prossime elezioni: Giacomo Mancini junior che corre per il Pdl e Rosario Crocetta in lista per il Pd. Ad entrambi si sono presentati dei “professionisti” del mercato dei voti, ad entrambi hanno offerto il “campionario” con la merce in vendita e il relativo prezzo. Duemila voti: tremila euro, 1,50 a voto. Ma solo fino al 31 maggio. Poi, nell’ultima settimana prima del voto, hanno avvertito, se non si è comprato in tempo il prezzo sale. Succede ad Andria.
A Caltanisetta un voto, sempre venduti a pacchetti di migliaia, costa meno: 0,80 centesimi. Crocetta, sindaco di Gela, si è visto offrire 500 voti a 400 euro, un vero affare. Con relativa garanzia di controllo sulla merce acquistata. I due candidati raccontano di aver rifiutato, i “professionisti” non si sono scomposti, come chi sa che altri di sicuro compreranno. Per chi vende è indifferente la bandiera politica di chi compra, si sono limitati a suggerire di non perdere l’occasione perché, con la crisi, anche il prezzo del voto, un tanto al chilo, è calato rispetto a precedenti elezioni.
Comunque il mercato dei voti resta libero e fiorente, clandestino ma non troppo, diffuso fino ad essere quasi una regola. Di nuovo c’è che una volta un voto valeva un paio di scarpe, oggi nessuno si sogna di vendere a tanto: due caffè e il voto è tuo. A tanto tanti “cittadini” valutano e vendono la democrazia.