Elezioni/ Il Pd si “asciuga”: perde Marche e Umbria. E aspetta il congresso dove dovrà scegliere tra Franceschini e Bersani

Roccaforti rosse addio. Il Partito democratico ha perso Marche e Umbria, due regione guidate da anni da amministrazioni di sinistra. Altri tempi: ora entrambe preferiscono il partito di Berlusconi. E il distacco non è residuale: nelle Marche, il Popolo della Libertà si è aggiudicato il 35,2% dei voti contro il 29,9% del Pd.

Identico il risultato in Umbria: il centrodestra è primo a Perugia, in provincia di Terni e a Foligno, dove per Fiammetta Modena,  capogruppo di FI-Pdl in regione, taglia «un traguardo eccezionale».

Anche la Lega Nord avanza a passo spedito: in Umbria ottiene il 3,5%, nelle Marche il 5,47%. Con dei picchi d’eccezione, ma al tempo stesso significativi. Come a Fermignano, sulla sponda sinistra del Metuaro, dove il sindaco è leghista: il Carroccio ha sfiorato il 20%. O anche a Nocera Umbra: qui, la formazione di Bossi è al 10%.

Il sorpasso è di quelli che bruciano. Anche perché oltre a leccarsi queste ferite, i democratici devono fare i conti anche con altri due fattori, tutt’altro che secondari.

Numero uno, Franceschini e co. sono costretti a constare che, nelle stesse regioni, la performance elettorale di Antonio Di Pietro è più che soddisfacente. Nelle Marche, l’Idv è diventato il terzo partito, con l’8,9% dei consensi (78.991 voti), seguito dall’Udc al 7,2%.

In secondo luogo, alla perdita dei feudi e al successo dell’amico-nemico Tonino, si aggiunge un arretramento generalizzato dei democratici. Che, un po’ ovunque, subiscono fughe di voti.  Qualche esempio? A Firenze, il candidato sindaco per il Pd Matteo Renzi non ce la fa al primo turno, e andrà al ballottaggio con lo sfidante Pdl Giovanni Galli.

E non solo: in Abruzzo, il Popolo della libertà le elezioni provinciali e comunali hanno decretato la vittoria schiacciante degli azzurri. «È vero che il vento soffiava a nostro favore – ha detto il capogruppo Pdl in Consiglio regionale, Gianfranco Giuliante – ma espugnare al primo colpo roccaforti della sinistra come Teramo e Pescara era quasi imprevedibile».

Insomma, questa tornata elettorale – europee e amministrative – dice che il partito di Dario Franceschini arranca. Ma suo il leader, almeno fino ad ottobre, fino al Congresso in cui ci sarà anche la candidatura a segretario di Pierluigi Bersani,  non sembra particolarmente scontento dei risultati usciti dalle urne. «Evidentemente non si può ignorare la differenza forte rispetto al 2008, –  ha commentato – però nel 26,1% c’è quello che volevamo, la conferma del progetto del Pd».

*(Scuola Superiore di Giornalismo Luiss)

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Marco Benedetto