di Archangel
Si dice che Barack Obama sia talmente protetto dagli uomini del servizio segreto che e’ assolutamente inavvicinabile. Insomma, che viene trattato come una sorta di presidente in pectore. Mi chiedo pero’, ora che mancano pochi giorni alle elezioni – il 4 movembre – perche’ continuo ad avvertire negli articoli di commentatori che conoscono bene l’America, come Vittorio Zucconi e Beppe Severgnini, il serpeggiare del dubbio sulla effettiva elezione del senatore nero dell’Illinois. Il ritornelo di queste ultime battute di campagna elettorale e’ diventato ”finche’ non lo vedo non ci credo”. Allo stato dei fatti i principali motivi dei dubbi sul successo di Obama sono due: il primo il senatore se lo porta appresso da quando si e’ lanciato nella sua coraggiosa avventura: e’ nero. Ed e’ nero in una grande nazione bianca dove i discendenti degli immigrati europei sono una maggioranza che ispanici, orientali ed altri stanno progressivamente erodendo (secondo certe stime nel giro di una trentina d’anni gli Stati Uniti saranno un Paese con una popolazione in maggioranza di colore) ma che e’ pur sempre ancora forte maggioranza. Va inoltre detto che la celebrata melting pot americana, dove un tempo piu’ o meno tutti andavano d’accordo convinti di vivere nella terrra promessa, non e’ piu’ quella di una volta. Molti bianchi si sentono assediati, gli ispanici odiano i neri, gli orientali odiano gli ispanici, e i neri, probabilmente a ragione, odiano tutti. Ora, negli Stati Uniti, su una popolazione di oltre 300 milioni di abitanti, gli afro-americani sono 36 milioni, ed essendo stati tutti i precedenti presidenti di estrazione Wasp (bianchi,anglosassoni e protestanti) – con l’unica eccezione di John Kennedy, che era cattolico ed e’ morto ammazzato), l’elezione di Obama sarebbe un’avvenimento di portata storica, assai piu’ dell’elezione del cattolico Kennedy (pur essendo una minoranza, i cattolici americani, 80 milioni, sono la confessione piu’ grande del Paese). Quel che secondo certi osservatori (e membri dello stesso entourage di Obama) temono e’ molto semplice: le tensioni razziali in America esistono ancora, certo assai meno di 40 anni fa, tensioni che in certi casi (vedi gli stati del sud) assumono connotati di vero e proprio razzismo militante, ma per la stragrande maggioranza della popolazione americana ammettere questa realta’ non e’ politically correct. Dal che discende che quando i pollsters vanno a fare i sondaggi potrebbero raccogliere adesioni ad Obama dettate anche, solo o per lo piu’ dal timore degli intervistati di essere considerati razzisti perche’ preferiscono il Wasp MacCain all’afro-americano Obama. Un timore, questo, che naturalmente, con grande angoscia nell’entourage di Obama, nel segreto dell’urna svanisce. ”Se non lo vedo non ci credo” continua ad essere quindi uno slogan efficace. In un certo modo se ne e’ appropriato anche il columnist del settimanale Newsweek Howard Fineman, il quale, analizzando i motivi per cui Obama non ha ancora la Casa Bianca a portata di mano scrive che alla fine potrebbe prevalere McCain perche’ il colore della pelle di Obama (e il nome Swahili) e’ ”un fattore che non si puo’ quantificare ne’ ora e probabilmente neanche in futuro”. Ma se il ”fattore B” (black) potrebbe giocare a sfavore di Obama, McCain deve vedersela col ”fattore P” (Palin), la governatrice dell’Alaska che ha incomprensibilmente scelto come sua running mate. Sarah Palin, dopo un breve successo iniziale, si e’ rivelata un disastro in attesa di accadere, essendosi mostrata fin dalle prime interviste intellettualmente, culturalmente e politicamente inadatta al ruolo affidatole da McCain. Ora, siccome negli Stati Uniti il vice-presidente sostituisce ipso facto il presidente in caso di sua morte o di malattia incapacitante, non sorprende se molti americani si chiedano trepidando in che mani finirebbero se qualcosa accadesse al 72enne McCain. Un dilemma senza precedenti, credo, nella storia degli Stati Uniti: eleggere un nero alla Casa Bianca e infrangere cosi’ una tradizione bi-centenaria, o mandarvi un presidente Wasp quanto si vuole, ma con una vice-presidente da far rizzare i capelli in testa.