ELUANA, CENTO MEDICI IN TUTTA ITALIA: ”LO FACCIAMO NOI”

«Un sussulto di umanità». Oltre cento medici invocano, da tutta Italia, su Internet, la libertà di scelta e il diritto di Eluana Englaro a morire. Sul sito «L’etica, la politica e la libertà della scienza» rianimatori, neurologi ed esperti in bioetica ribadiscono che «la nutrizione artificiale è un atto medico». E come tale può e deve essere sospesa come si sospende la somministrazione di un farmaco o una trasfusione quando il paziente si oppone alle cure. Cento voci per la Englaro. Fra queste, il dottor Gaetano Iapichino, past-president della Società Italiana di Nutrizione Parenterale ed Enterale.

Cento voci, una tesi: «Le ideologie devono arrestarsi di fronte alla sofferenza e rispettare la possibilità di ciascuno di decidere». «E’ paradossale – commenta lo psichiatra Massimo Cozza – essere costretti a contrapporre le acquisizioni scientifiche a un provvedimento ministeriale dettato per lo più da presupposti ideologici». Ma su questo documento, e sulla possibilità di far morire Eluana in Piemonte, i primari di Rianimazione a Torino si dividono: «Non parteciperò a un omicidio in ospedale – dice Pier Paolo Donadio, primario di rianimazione alle Molinette – Eluana non soffre: che cosa si vuole ottenere facendola morire di inedia? Chi decide qual è la vera dignità della vita? Questa morte di Stato è troppo pesante anche per chi ritiene che l’esistenza non sia un dono di Dio». Sul fronte opposto, il primario di rianimazione dell’altro grande ospedale torinese, il San Giovanni Bosco.

Il dottor Sergio Livigni ha sottoscritto il documento su Internet ed è pronto ad aiutare Eluana a morire: «La persona deve essere rispettata in toto – dice -. Non cercherò il signor Englaro, ma sono a sua disposizione». Su un punto, Livigni è perplesso: che tutto debba succedere in ospedale, se avverrà. «Una persona in queste condizioni – dice il primario – deve poter terminare i suoi giorni a casa, con un medico accanto che intervenga quando il respiro si farà più difficoltoso». Una sedazione può accelerare la fine. Da Torino, fin dal primo momento, è arrivata la disponibilità del ginecologo Silvio Viale. La dottoressa Evelina Gollo, primario di rianimazione dell’ospedale ostetrico-ginecologico dove lavora Viale, comprende «il principio che la famiglia Englaro vuole affermare», ma sostiene anch’essa che «questa vicenda dev’essere risolta in un ambito privato». A casa.

E Manrico Gianolio, rianimatore al Cto, riflette: «Ciò che più sconvolge l’opinione pubblica, in questo dramma, è pensare che a Eluana saranno tolti alimentazione e liquidi. Ma che cosa immagina la gente? Al piatto di pasta o al bicchier d’acqua? Il cibo e i liquidi per Eluana sono sacche di sostanze preparate da farmacisti e gestite da infermieri. Nelle sue condizioni, io, anestesista che lotta ogni giorno per la vita, rivendico il diritto di non restare 17 anni in stato vegetativo permanente». Il dottor Vincenzo Segàla, al Mauriziano, ricorda che «ogni medico ha un dovere etico, a volte uno religioso, ma anche uno professionale: la Cassazione si è espressa chiaramente». Lapidario il dottor Luigi Parigi, collega al Martini: «In Italia l’eutanasia è vietata per legge. Sospendere il nutrimento è come sparare a Eluana. La Englaro, in questi diciassette anni, avrà avuto numerose complicazioni, come tutti i malati nelle sue condizioni. Adesso, più che domandarmi se e dove farla morire, mi chiedo perché finora c’è stato un accanimento terapeutico».

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