L’INCIDENTE – Eluana, a causa di un incidente stradale, è in stato vegetativo permanente dal 18 gennaio 1992. Il padre della ragazza, Beppino Englaro, dal ’99 chiede la sospensione del trattamento. Al telefono, avvertito della notizia, è incredulo: «Non ci credo ancora, voglio leggere la sentenza. Dolore? Mia figlia è morta 16 anni fa».
LE MOTIVAZIONI – Per i giudici della prima sezione civile della Corte d’Appello milanese è stato «inevitabile» giungere alla decisione di autorizzare lo stop del trattamento di alimentazione a Eluana Englaro, «accertata la straordinaria durata del suo stato vegetativo permanente, l’altrettanto straordinaria tensione del suo carattere verso la libertà e la sua visione della vita». Una concezione della vita – spiega il giudice estensore del provvedimento, consigliere Filippo Lamanna – «inconciliabile» con la perdita totale e irreversibile delle proprie facoltà psichiche e la sopravvivenza «solo biologica del suo corpo, in uno stato di assoluta soggezione passiva all’altrui volere». Una conclusione cui i magistrati sono giunti, facendosi forti anche della valutazione del curatore speciale di Eluana Englaro, l’avvocato Franca Alessio, nominata proprio per «controllare la mancanza di interessi egoistici del tutore in potenziale conflitto con quelli di Eluana». La curatrice ha infatti «pienamente condiviso la scelta del tutore orientata al rifiuto del trattamento di alimentazione forzata». Visto quindi il «definitivo accertamento nelle precedenti fasi processuali» dello stato vegetativo permanente, e le altre prove acquisite, tra cui le testimonianze di alcune amiche di Eluana, i giudici hanno deciso di autorizzare il tutore in accordo col personale sanitario a procedere all’interruzione del trattamento di sostegno vitale con tutte le cautele del caso.
La decisione dei giudici su Eluana Englaro giustifica «di fatto un’azione di eutanasia». Parola di monsignor Rino Fisichella, neopresidente della Pontificia accademia per la vita, che spiega all’Ansa che la sentenza «può essere impugnata presso una corte superiore» e c’è la possibilità di «ragionare con maggiore serenità e meno emotività». Di fronte alla decisione presa dai magistrati Fischella esprime «un duplice sentimento», da una parte «tristezza e amarezza» e dall’altra «profondo stupore». «Eluana è ancora una ragazza in vita, il coma è una forma di vita e nessuno può permettersi di porre fine a una vita personale – spiega il prelato -. Profondo stupore per come sia possibile che il giudice si sostituisca in una decisione come questa alla persona coinvolta, al legislatore perché non mi risulta che in Italia ancora ci sia una legislazione in proposito, e anche soprattutto ai medici che hanno competenza specifica del caso».