La Repubblica pubblica un commento di Massimo Giannini sul Pd e il voto del senato sul federalismo intitolato ''Tra rischio e strategia''. Lo riportiamo di seguito:
''DOPO tante contese tra "manipoli" e tante offese alla potestà legislativa, l'apparenza del voto sul federalismo segna una pagina di "normalità " parlamentare. Il governo presenta un ddl, l'opposizione propone i suoi emendamenti. La maggioranza li recepisce. Si va al voto e, invece del solito muro contro muro, la prima si astiene sul testo modificato dalla seconda. Una prassi, nella fisiologia democratica. Un "evento", nell'anomalia italiana. La realtà suggerisce un quadro più complesso. L'Udc ha guardato solo al "merito", e non si è mossa dal no. Il Pd ha invece scommesso sul "metodo", partecipando al confronto con le sue contro-proposte. C'è un movente strategico: dimostrare che l'opposizione non è "sfascista", e che qualche riforma condivisa sarebbe possibile se solo il premier rinunciasse alla sua visione plebiscitaria del potere. C'è un movente tattico: far uscire il Pd dall'angolo, tenendo aperto un canale con Bossi (ove mai il Senatur rompesse con il Cavaliere) e tenendo buoni i "federali" del Nord (da Errani a Chiamparino, favorevoli al federalismo). Ma quella di Veltroni è una scelta rischiosa. Intanto perché sul progetto federalista del Pdl, come su tanti altri temi, il Pd si è dimostrato all'inizio incoerente e indeciso.
E poi perché, di fronte a un paradossale Tremonti che in piena crisi economica riconosce in aula l'assoluta "imponderabilità " dei costi della riforma, il Pd rischia di avallare un'operazione che espone il Paese a un salto nel buio. A questo punto, l'astensione può avere un senso solo se è un atto di responsabilità specifico, e condizionato alle prossime decisioni del governo. Sul federalismo stesso, in vista del voto della Camera e dei decreti delegati. Ma anche sulla giustizia e sul presidenzialismo. Non può funzionare, invece, se diventa un assegno in bianco firmato alla Lega, magari in cambio di futuri e inverosimili "ribaltoni". Questo il già sfiduciato "popolo della sinistra" non lo capirebbe. E alle prossime elezioni europee il "partito liquido" diventerebbe, a tutti gli effetti, un partito liquefatto''.
