Per il Fondo Monetario Internazionale "l'economia mondiale sta attraversando la peggior crisi del dopoguerra". Lo dimostra soprattutto il fatto che il Pil globale nel 2009 crescerà appena dello 0,5%, secondo le stime pubblicate oggi nel World Economic Outlook: il tasso più basso da oltre 60 anni. Ma all'Italia, come è stato anticipato anche da altri studi di previsione, tra i quali quello Ue, andrà molto peggio: -2,1% nel 2009 e -0,1% nel 2010. Le stime dell'Fmi sono state tutte riviste al ribasso rispetto alle previsioni pubblicate a novembre. In particolare per l'Italia in novembre il Fondo aveva stimato una contrazione dell'economia dello 0,6% nel 2009.
L'andamento italiano nel 2009 è analogo a quello dei Paesi più industrializzati: per tutti, si prevede un saldo negativo pari al 2%, "la prima contrazione annuale del dopoguerra", con una perdita cumulata comparabile a quelle registrate tra il 1974 e il 1975 e tra il 1980 e il 1982. Qualche speranza resta però accesa per il 2010 con un rimbalzo dell'1,1%.
Nel dettaglio, tra le maggiori economie, il Pil statunitense scenderà dell'1,6% quest'anno per poi guadagnare l'1,6% il prossimo, l'Eurozona scenderà del 2% nel 2009 e risalirà dello 0,2% nel 2010, la Germania perderà il 2,5% prima di recuperare lo 0,1%, la Francia vedrà il prodotto scendere dell'1,9% e poi avanzare dello 0,7%. Doppio segno negativo per la Spagna: -1,7% e -0,1%. La Gran Bretagna sarà il peggiore tra i Paesi del G7 quest'anno con -2,8% seguito da un +0,2% nel 2010. Sembra tenere il Canada: -1,2% quest'anno e +1,6% il prossimo. Per il Giappone -2,6% e +0,6%.
Tra le economie emergenti precipita in territorio negativo la Russia, che vedrà il Pil scendere dello 0,7% quest'anno con un taglio del 4,2% rispetto a novembre. Mosca perde anche il 3,2% sul 2010 che resta però in positivo dell'1,3%. Revisioni al ribasso pesanti anche per India e Cina il cui Pil rimarrà comunque ampiamente positivo. Il prodotto del subcontinente asiatico salirà del 5,1% (-1,2%) quest'anno e del 6,5% (-0,3%) il prossimo, il Paese del Dragone rispettivamente del 6,7% (-1,8%) e dell'8% (-1,5%).
Gli strascichi della crisi saranno difficili da recuperare anche a causa delle conseguenze dei piani di stimolo dell'economia che sono già stati e che verranno varati dai governi: i vari pacchetti anticrisi allo studio nei Paesi del G20 raggiungeranno infatti l'1,5% del Pil nel 2009. "Anche il deficit è destinato a esplodere – sostiene l'Fmi – spinto dalle operazioni di stabilizzazione e dall'impatto sui ricavi della svalutazione dei prezzi degli asset così come dai costi del salvataggio del sistema finanziario".
Dai 18 ai 30 milioni di disoccupati in più, nella migliore delle ipotesi. E, se la situazione deteriorasse ulterirmente, fino a 50 milioni di persone in tutto il mondo potrebbero perdere il posto a causa della crisi. È la previsione dell'Ilo, l'Organizzazione internazionale del lavoro, nel Rapporto «Global employment trends». Il numero di persone che rischia di finire in povertà, in questo scenario, potrebbe salire a 200 milioni. di cui gran parte nei paesi più sviluppati.
Lo studio sottolinea anche che il numero dei lavoratori poveri, cioè quelle persone che, pur lavorando, non sono in grado di provvedere alle proprie famiglie potrebbe arrivare a 1,4 miliardi di persone (il 45% di tutti i lavoratori dal 40,6% registrato nel 2007). Sarebbero inoltre in crescita anche gli impieghi precari. Secondo l'Organizzazione internazionale del lavoro nel 2009 i lavori «vulnerabili» potrebbero riguardare il 53% della popolazione occupata crescendo in modo significativo rispetto al 50,6% del 2007.
La disoccupazione quindi potrebbe crescere dal 5,7% al 6,1% secondo lo scenario più favorevole (18 milioni in più portando il totale dei senza lavoro a 198 milioni) ma anche toccare quota 7,1% secondo lo scenario più pessimista con una crescita dei disoccupati globali di 50 milioni di unità. Inoltre 200 milioni di lavoratori, molti dei quali nelle economie in via di sviluppo, potrebbero essere trascinati nella povertà.
«Il messaggio dell'Ilo – ha detto il direttore generale dell'Organizzazione, Juan Somavia – è realistico, non allarmistico. Siamo di fronte a una crisi globale del lavoro. Molti governi sono consapevoli e stanno intervenendo ma sono necessarie azioni internazionali più decise e coordinate per evitare una recessione globale». L'Ilo segnala anche che nel 2008 l'aumento più consistente di disoccupazione rispetto al 2007 è stato registrato nei paesi sviluppati e l'Unione europea (dal 5,7% al 6,4%) con un numero di senza lavoro cresciuto di 3,5 milioni di unità (toccando quota 32,3 milioni di disoccupati). I tassi più alti di disoccupazione sono sempre in Nord Africa (10,3%) e Medio Oriente (9,4%) mentre i più bassi sono sempre in estremo Oriente (3,8%).