Sul clima tutti vogliono impegnarsi, ma nessuno vuole farlo per primo.I paesi in via di sviluppo, per esempio, sono pronti ad allinearsi agli obiettivi, ma solo a condizione che, i paesi già sviluppati, raggiungano accordi precisi alla conferenza sul clima prevista per dicembre a Copenaghen.
Nel dettaglio, i paesi in via di sviluppo vorrebbero un taglio del 40% delle emissioni entro il 2020 da parte dei grandi della terra per poi allinearsi in tempi più lunghi.
Un obiettivo, che, dopo l’accordo bufala del G8, appare lontanissimo per l’Unione Europea e tecnicamente impossibile per gli Usa strangolati dalla crisi e alle prese con i tempi lunghissimi per il passaggio al Senato di una legge che regolamenti la materia.
In sede di G8 c’è stato l’impegno a ridurre le emissioni di gas serra dell’80% entro il 2o50. Un patto reso insignificante dall’assenza di tappe intermedie e da date di partenza chiare sui tagli.
Il messicano Luis Alfonso de Alba,coordinatore capo per la questione del cambiamento climatico per i paesi in via di sviluppo ha ricordato come un taglio di almeno il 25% entro il 2020 è l’obiettivo minimo richiesto dalla comunità scientifica internazionale.
Il problema vero è che i paesi in via di sviluppo sono alla finestra e attendono i fatti. «É logico – ha detto De Alba – che noi ci impegneremo solo dopo aver avuto delle certezze sull’impegno dei paesi sviluppati».
Per il diplomatico messicano servono, poche chiacchiere e cifre chiare:«Noi rispettiamo il dibattito che c’è in Usa, ma loro devono capire che qui c’è in gioco una questione globale e noi dobbiamo vedere i numeri».
Il Messico, dal canto suo, ha già intrapreso un programma di riduzione del carbone. Resta da vedere, se e quando, si adegueranno gli altri paesi in via di sviluppo.