Le gabbie salariali non servono al Paese perchè sono sinonimo di «rigidità». «Al mercato del lavoro italiano, al Mezzogiorno come al Nord, serve flessibilità».
Ad affermarlo, in un’intervista rilasciata al quotidiano La Stampa, è il ministro della Funzione Pubblica Renato Brunetta, che traduce le proposte di Silvio Berlusconi in un «federalismo contrattuale» che dovrebbe essere alimentato da incentivi fiscali.
La ricetta di Brunetta parte da un assioma:«Dare quanto più possibile spazio alla contrattazione decentrata. La sola che può essere sensibile alla produttività e in subordine al costo della vita, che peraltro – secondo Brunetta -non è un buon parametro per misurare le differenziazioni».
Quello corretto, invece è «la produttività». Il vero problema, secondo il ministro sta nel trovare un sistema per «favorire la contrattazione decentrata in un paese dove ci sono poche grandi imprese dove si può fare la contrattazione aziendale e tante medie e piccole dove è più difficile».
Per questo, secondo Brunetta è necessario far emergere «la dimensione del territorio».
E insiste:«Se la flessibilità è un bene pubblico, il governo può incentivarla riducendo il prelievo sul salario contrattato a livello nazionale». Poi c’è il Piano per il Sud, che «non può certo basarsi su un keynesismo impossibile; la via è la flessibilizzazione incentivata di lavoro e dei salari».
E su un eventuale parere negativo di Bruxelles Brunetta assicura: «Una defiscalizzazione differenziata tra Nord e Sud è stata già accettata dall’Europa». L’unico ostacolo alla realizzazione del piano, frena però il ministro, è la crisi economica: «Il gioco comincia quando ritorna la crescita». Infine la previsione: «Penso che già dal 2010 si potrà ragionare per far partire il piano dal 2011».
