di Antonio
Dopo mesi di trepida attesa dei miei due bambini, sabato scorso siamo andati a Gardaland. Un viaggio di oltre 500 chilometri, da Roma. Per i figli però si fa volentieri. Peccato che al posto del divertimento atteso ci siamo invece trovati nel bel mezzo di una bolgia infernale. Fin dalle 11 di mattina una quantità immane di gente vi si è riversata, ben al di là della capacità ricettiva del Parco, che si è tradotta in file impossibili per l’accesso alle attrazioni.
Per salire sull’aeroplanino che fa il giro del Parco (della durata di 5 minuti circa) abbiamo fatto la fila dalle 11.30 alle 13.30. Scesi dall’aeroplanino, è stato poi impossibile accedere ad alcun altra attrazione. Ovunque file di almeno due ore. E non solo per le attrazioni. File chilometriche per poter prendere un caffè, per comprare un panino. File persino per poter arrivare alla fontanella e trovare sollievo dall’afa con un sorso d’acqua.
Vedevamo la gente formicolare, vagare come noi, cercando un qualunque buco in cui infilarsi, qualunque spettacolo, qualunque giostrina, anche quella meno divertente, anche quella che se la vedi alla festa del paese non la degni neppure di uno sguardo. Pur di fare un giro e poter sfruttare almeno in minima parte le centinaia di euro spese per l’ingresso.
Per superare la fila, Gardaland vende degli appositi biglietti (8 euro in più a persona), che consentono un accesso tramite una corsia preferenziale. A parte il giudizio etico che può essere data a questa trovata, che specula finanche sull’affollamento, neppure questo espediente era tuttavia efficace a garantire un accesso alle attrazioni. Fin dal primo pomeriggio infatti la gran parte dei presenti, in preda alla disperazione, si era già risolta a spendere gli otto euro in più a persona, con il risultato che anche le corsie preferenziali erano oramai intasate.
Alle 17, alla fine di una giornata infernale, siamo andati via: i bambini in lacrime per la delusione di non essere arrivati all’attrazione attesa da mesi. I genitori frustrati e furenti per il modo in cui avevano buttato via i propri soldi e per come erano stati trattati.
Probabilmente esisterà un sistema per consentire l’accesso a un numero di persone adeguato alla effettiva capacità di ricezione della struttura. Sarebbe un gesto di rispetto per chi va al Parco e si aspetta di trascorrervi una giornata serena. Qualunque sistema si trovi, tuttavia, esso costringerebbe la gestione del Parco a rinunciare a una parte degli incassi che, a giudicare dalla folla che si riversava alle biglietterie, non è difficile immaginare tradursi in guadagni giornalieri da capogiro. È quindi probabile che non lo si troverà.