di Paolo
Israele sbaglia, ha sbagliato, sbaglierà nuovamente. I bambini non dovrebbero mai morire; i genitori dei bambini non dovrebbero morire. Non sono parte in causa, e le comparazioni fra offese le lascio agli esperti. Però paragonare Gaza al ghetto di Varsavia o a un campo di concentramento e di conseguenza gli israeliani, ebrei, ai nazisti mi dà molto fastidio. E' becero. E' vero, questi bimbi morti (io ne ho tre vivi, per fortuna) non mi piacciono e non mi piace nemmeno che i loro genitori muoiano e, se potessi, prenderei a calcioni chi di dovere, ma il paragone con il ghetto è infame. Non mi ispira a nessuna discussione produttiva. Non sono ebreo, ma per comprendere la lezione e l'orrore del massacro del ghetto di Varsavia non credo sia richiesto. «Nessun uomo è un'isola, completo in se stesso; ogni uomo è un pezzo del continente, una parte del tutto. Se anche solo una zolla venisse lavata via dal mare, l'Europa ne sarebbe diminuita, come se le mancasse un promontorio, come se venisse a mancare una dimora di amici tuoi, o la tua stessa casa. La morte di qualsiasi uomo mi sminuisce, perché io sono parte dell'umanità. E dunque non chiedere mai per chi suona la camapana: suona per te». Detto questo (John Donne), invece di insultare i morti cerchiamo di fare qualcosa per i vivi di ambedue le parti, e invece di scendere in piazza per una parte sola cerchiamo di scenderci per tutti. Sì, magari anche per quelli che vivono un po' più in là e non sono né islamici, né palestinesi, né ebrei. Anche qui lascio agli esperti la scelta. Vogliamo la pace? Allora cerchiamola veramente cominciando con il comprendere le parole che si sparano a raffica. Già, proprio come le mitragliatrici. Un uso distorto delle parole crea faziosità, che genera incomprensione, che genera rancore e astio che diventano odio che ti fa comprare la pistola che userai contro il tuo vicino di casa. Pace in terra agli uomini di buona volontà. Ne servirà tanta.