Al momento – con 99 consigli comunali su 159 già assegnati – i conservatori hanno ottenuto 1.937 consiglieri (+138) contro i 1.546 del Labour (-144) e i 1.070 del Lib-Dem (+11); ai Tories anche il controllo di 44 municipi (+7) contro i 14 laburisti (-5). Per determinare esattamente la gravità della sconfitta laburista occorrerà attendere ora l’esito del voto londinese, il cui scrutinio avrà luogo nella giornata di oggi. Alla vigilia il risultato appariva incerto, sebbene il candidato conservatore Boris Johnson fosse dato in vantaggio: molto potrebbe dipendere dalla "seconda preferenza", quella che gli elettori esprimeranno nella seconda colonna della scheda elettorale e che verrà contata solo nel caso (probabile) che nessuno dei candidati ottenga più del 50% dei voti. Il sindaco uscente, il laburista Ken Linvingstone – alla ricerca del suo terzo mandato – ha ottenuto un patto elettorale con i Verdi (ovvero, che gli elettori ecologisti lo indichino come seconda preferenza sulla scheda) e ha cercato l’appoggio dei liberal-democratici, la terza forza in Parlamento. Da notare che in caso di spoglio delle seconde preferenze verrebbero escluse le schede dei primi due candidati classificatisi, verosimilmente Johnson e Livingstone: a contare sarebbero solo i secondi voti sulle schede dei candidati "eliminati" da quello che di fatto è una sorta di parziale ballottaggio.
Esulta il leader dei Tories, David Cameron: «Non si tratta semplicemente di un voto contro Gordon Brown e il suo governo, ma di un positivo voto di fiducia nei confronti del Partito Conservatore». Harriet Harman, vicesegretario del partito Laburista, ha cercato di minimizzare la portata della sconfitta sottolineando le particolari condizioni del voto: «elezioni amministrative sono diverse da tutte quelle svoltesi negli ultimi 11 anni perché la gente è preoccupata dall’aumento dei prezzi dei generi alimentari e del combustibile, oltre che dalla instabilità finanziaria: dobbiamo riconoscere queste preoccupazioni finanziarie per garantire che le persone vengano protette dalle conseguenze dei problemi economici».