Georgia/ Rivolte e proteste contro Saakashvili che accusa: “Fallito golpe sobillato dalla Russia”

Dopo aver perso la guerra contro la Russia, la Georgia ha visto crescere povertà e disoccupazione soprattutto a causa del crack dei traffici commerciali. Il recente fallimento della ribellione contro il governo, nata dal tentativo di ammutinamento di un battaglione di artiglieria vicino la capitale Tbilisi, è solo l’ultimo caso di malcontento espresso nei confronti del presidente Saakashvili.

Quest’ultimo, pur non avendo alcuna prova, ha scaricato la responsabilità del fallito golpe sui servizi segreti russi. Da Mosca una sola replica: quanto sta accadendo è solo il frutto del declino del regime georgiano.

Prima di gettare le armi, un portavoce dei ribelli georgiani ha annunciato che non sarà tollerata a lungo la situazione politica del paese. Leggere tra le righe: aspettatevi nuove sommosse. Anche perché tra i militari serpeggia malumore, dovuto a carenze strutturali e operative. Mancano medicine, acqua e cibo per la truppa e spesso i soldati sono costretti far legna per i loro superiori, data la penuria di mezzi di riscaldamento.

Ma Saakashvili finge di non sapere. E vive nell’immagine di un esercito che non c’è. A forza di presenziare a parate e marce dimostrative, il presidente georgiano ha maturato la convinzione di essere duce di un esercito moderno e agguerrito.
La realtà, invece, è molto diversa.

Nonostante Saakashvili continui a ripetere che il suo paese è pronto ad entrare nella Nato, stando alle relazioni dei difensori civici, le forze armate del paese non sono molto diverse dagli eserciti del Terzo mondo.

Dalla fine del violento conflitto della scorsa estate con la Russia, inoltre, le esportazioni georgiane hanno subito una contrazione del 70 per cento e gli investimenti stranieri nel paese si sono ridotti di due terzi. Tutto questo a causa del blocco imposto dalla Russia, da sempre mercato di sbocco primario dei prodotti georgiani.

Ma fin quando Saakashvili rimarrà presidente, Mosca non ristabilirà relazioni diplomatiche né negozierà nuovi rapporti commerciali con Tbilisi.

La chiusura dell’immenso mercato russo ha di fatto condannato il paese alla miseria per i prossimi anni. La povertà diffusa ha innescato così una serie proteste da parte delle opposizioni che chiedono le dimissioni di Saakashvili e l’indizione di nuove elezioni.

Se si tornasse al voto, secondo quanto previsto dalla costituzione, Saakashvili non potrebbe candidarsi nuovamente. E pare improbabile che egli possa designare un successore in grado di raccogliere consensi. E così, non può che aggrapparsi al potere, bollando gli oppositori come scagnozzi di Mosca e perseguitando ogni dissenso.

Come accaduto nel settembre 2006, quando il tribunale di Tbilisi condannò un dissidente a numerosi anni di carcere, con l’accusa di aver preso parte ad un presunto colpo di stato. L’uomo era membro del partito “Giustizia”, guidato da Igor Giorgadze, ex-ministro per la Sicurezza di stato, oggi in esilio in Russia.

Il partito, che non ha mai trovato un particolare sostegno popolare, non rappresenta una reale minaccia per lo stato. E ora che Abkhazia e Ossezia sono finite sotto il controllo della Russia, i gruppi in Georgia che mostrano simpatia per la Russia hanno sempre meno appeal rispetto al passato.

Questo però non significa che i servizi segreti russi proveranno a dissuadere i loro burattini in Georgia dal fomentare rivolte armate. Né che Mosca intenda cercare la strada della diplomazia per riallacciare i rapporti con Tbilisi.

Il prossimo 8 maggio segnerà un momento di svolta nello scontro tra i sostenitori del governo e i suoi detrattori. In quella data, infatti, questi ultimi proveranno a bloccare l’autostrada che collega la parte occidentale del paese con quella orientale. Bisogna sperare che Saakashvili non abbia l’intenzione di intervenire con pesanti contromisure.

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