GEORGIA, UE: ”NO A SANZIONI CONTRO LA RUSSIA”

La Ue non deciderà di imporre sanzioni contro la Russia, ma metterà le relazioni bilaterali "sotto sorveglianza". Lo hanno riferito fonti della presidenza francese in vista del vertice Ue di lunedì a Bruxelles. La fonte dell’Eliseo ha sottolineato che ”il momento delle sanzioni non è arrivato”.

”Il consiglio europeo dirà che l’accordo in sei punti deve essere applicato nella sua interezza. Finché non sarà così, l’accordo resta sotto osservazione”, ha spiegato la fonte, riferendosi all’accordo di cessate il fuoco negoziato dal presidente Nicolas Sarkozy nel corso di un viaggio a Mosca e Tbilisi il 12 agosto. ”Siamo ancora in una fase di dialogo con Mosca, non in una fase di sanzioni”, ha aggiunto.

Il vertice di Bruxelles è stato convocato dal presidente Nicolas Sarkozy, che assicura attualmente la presidenza di turno dell’Unione europea, per discutere in particolare delle relazioni dell’Ue con Mosca. Il ministro degli Esteri francese Bernard Kouchner aveva affermato ieri che ”si stanno prendendo in considerazione sanzioni contro Mosca e anche altri strumenti”, sottolineando tuttavia che la Francia non propone queste misure.

Anche il ministro degli Esteri tedesco, Frank-Walter Steinmeier, ha respinto la decisione di possibili sanzioni contro la Russia. "Qualcuno deve ancora spiegarmi cosa è una sanzione contro la Russia", ha detto il ministro, secondo quanto riporta oggi il quotidiano Frankfurter Allgemeinen Zeitung. Steinmeier ha quindi messo in guardia contro un’eventuale interruzione del dialogo con Mosca, sottolineando che "è nel nostro interesse ristabilire le relazioni" con la Russia.

Ma c’è una novita che, se troverà riscontro, è destinata ad alimentare ulteriormente la tensione: il prossimo 2 settembre, ovvero il giorno dopo la riunione straordinaria della Ue, nella capitale dell’Ossezia meridionale verrà firmato un accordo di cooperazione militare con la Russia in cambio della protezione da parte di Mosca del suo territorio. Lo ha reso noto Tarsan Kokoity, un deputato di Tskhinvali citato dall’Interfax.

Mosca, secondo l’agenzia russa che cita circoli-diplomatico-militari russi, intende installare nelle due regioni nelle regioni secessioniste, quindi anche in Abkhazia, in totale tre basi militari, riattivando gli impianti che risalgono ai tempi dell’Urss, afferma l’agenzia di Mosca citando circoli-diplomatico-militari russi.

Finora solo il Cremlino ha riconosciuto le due repubbliche ribelli, la Bielorussia potrebbe farlo in un prossimo futuro, ma al momento non ci sono pronunciamenti ufficiali, anche se il presidente Aleksandr Lukashenko ha dato il pieno appoggio al riconoscimento russo. Basi nei due territori secessionisti avrebbero un peso determinante per l’equilibrio delle forze nel Caucaso, soprattutto in Abkhazia, che possiede un’ampia costa sul Mar Nero.

Sul piano diplomatico, dopo le pesantissime accuse rivolte ieri all’amministrazione Usa dal premier Vladimir Putin (che sospetta lo zampino di Washington nell’attacco georgiano all’Ossezia del sud, per favorire un candidato alle presidenziali Usa), oggi il ministero degli Esteri di Mosca reagisce aspramente al monito rivolto due giorni fa dai paesi del G7 contro il riconoscimento delle repubbliche secessioniste georgiane: è ”frutto di pregiudizio, e serve a giustificare i passi aggressivi della Georgia". Il ministero ribadisce le ragioni umanitarie alla base dell’intervento russo e giustifica come "la sola possibile" la decisione di riconoscere l’indipendenza di Ossezia del sud e Abkhazia, a scapito dell’integrità territoriale georgiana.

Sui giornali, si discute di quali saranno le contromosse che l’Ue potrebbe adottare nel vertice straordinario del primo settembre. Secondo Kommersant, sono al vaglio due progetti di risoluzione in particolare, uno polacco, estremamente duro e che chiede sanzioni economiche e finanziarie contro Mosca, e uno italiano, molto più sfumato, che pone l’accento sulla necessità del ritiro delle forze russe da tutto il territorio georgiano – compresi il porto di Poti e le due fasce di sicurezza attorno ai confini delle repubbliche secessioniste – e garanzie che quanto è avvenuto in Georgia non si ripeterà altrove.

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