Il Pentagono rivedrà la propria strategia nei rapporti con la Russia. La crisi in Georgia avrà «profonde implicazioni» tra Washington e Mosca. Ad affermarlo il capo del Pentagono Robert Gates che ha sottolineato come «il comportamento dei russi in questi giorni ha messo seriamente in discussione il dialogo» e ricordato di aver cancellato la partecipazione degli Usa alle manovre navali che dovevano cominciare domani in Russia con la partecipazione di Francia e Gran Bretagna, e a quella comune Usa-Canada-Russia prevista a fine agosto. Gli Stati Uniti «non vogliono un’altra Guerra Fredda» con la Russia, e hanno mostrato fino a ora «pazienza», nell’evitare di «rispondere alle provocazioni» da parte russa. Ma i rapporti con Mosca sono probabilmente compromessi e saranno influenzati «negli anni a venire» da questa crisi, per la quale occorre che ci siano «conseguenze» per la Russia. Gates ha comunque escluso l’uso di forze militari. L’impegno del Pentagono è limitato al momento a operazioni umanitarie e non è previsto un intervento americano in chiave militare.
La Rice: tempo di mettere fine alla crisi. Poco prima aveva parlato il segretario di Stato Condoleeza Rice che aveva ribadito la necessità «di mettere fine alla crisi in Georgia». La Rice ha aggiunto che il presidente russo Dmitri Medvedev ha promesso di cessare le operazioni militari russe in Georgia e la Rice spera che «mantenga la parola». Dopo Parigi, dove ha incontrato il presidente Sarkozy, la Rice si recherà in Georgia con «un certo numero di documenti», suscettibili di «consolidare il cessate il fuoco» e di «avviare il ritiro delle truppe russe». A riferirlo il presidente francese Nicolas Sarkzoy. «Se domani il presidente Saakashvili firma quei documenti allora potrà iniziare il ritiro delle truppe russe», ha spiegato Sarkozy. Secondo il presidente francese la situazione «sul terreno va meglio».
Il mancato ritiro da Gori. Le truppe russe avrebbero «cambiato idea» e si rifiuterebbero di lasciare la città di Gori. Lo ha denunciato il ministero dell’Interno georgiano, che due ore prima aveva invece reso noto il passaggio delle consegne tra le forze di Mosca e quelle georgiane alle porte della città nei pressi del confine con l’Ossezia del Sud: «Per tutta la notte i russi ci hanno ripetuto che se ne sarebbero andati, ma adesso hanno cambiato idea – ha dichiarato il portavoce Shota Utiashvili – Le nostre forze hanno così interrotto l’ingresso a Gori per evitare scontri». Mosca si era impegnata ad abbandonare totalmente la città entro le 10 (ora italiana). L’ambasciatore di Francia in Georgia, Eric Fournier, ha fatto sapere che la Russia si è impegnata a ritirare entro venerdì le proprie truppe da Gori. E mentre il parlamento di Tbilisi ratifica l’uscita dalla Csi, la Comunità di stati indipendenti nata sulle ceneri dell’Urss, e gli Usa accusano le truppe russe di effettuare sabotaggi di aeroporti e strutture militari in Georgia, la Russia fa sapere che a Gori non ci sono carri armati ma blindati per proteggere la popolazione. L’azione è «legittima» visto che i distretti dove sono i russi «fanno parte della zona di responsabilità delle forze di pace». E un fotografo della Reuters fa sapere di aver visto oltre cento veicoli militari russi a due km dal centro della città di Zugdidi, nell’ovest della Georgia.
Russia ammette: militari ancora a Gori. Il comando di Mosca ha ammesso che i militari russi sono ancora nella città georgiana di Gori, e «lavorano congiuntamente con la polizia georgiana». Lo ha detto il portavoce del ministero della difesa Viaceslav Borisov, precisando che «nei prossimi due giorni continueremo a lavorare insieme, e poi le forze verranno ritirate. Per ora – ha detto il portavoce russo – a Gori sono tornati solo i poliziotti. Ma dopo che sarà stabilito il controllo della città potranno tornare i civili». Giornalisti georgiani sul posto hanno detto che la gente sta già ricominciando a tornare e che non ci sono gravi devastazioni.
Sì a decisione separatisti. La Russia appoggerà qualsiasi decisione sullo status delle repubbliche separatiste georgiane di Abkhazia e Ossezia del sud che verranno prese dai popoli di quelle repubbliche, ha detto il presidente russo Dmitri Medvedev secondo le agenzie russe. Intanto l’Abkhazia fa sapere che l’obiettivo dell’indipendenza è imprenscindibile, mentre il leader sudosseto sottolinea che non c’è bisogno di un terzo referendum per decidere l’indipendenza, visiti i risultati chiari delle ultime due consultazioni.
Inchiesta per genocidio. Un’inchiesta penale per genocidio ai danni di cittadini russi nell’Ossezia del Sud è stata aperta dalla Commissione Investigativa presso la Procura Federale russa. Sotto accusa l’operato delle Forze Armate georgiana che, stando a quanto ha dichiarato il portavoce della Commissione Igor Komissarov, avrebbero cercato di sterminare i cittadini russi di etnia ossetina. Di "genocidio" nella provincia autonoma della Georgia, ribellatasi alle autorità di Tbilisi con il beneplacito del Cremlino, aveva parlato pochi giorni fa il premier ed ex presidente russo Vladimir Putin.
Riprende oleodotto via Tbilisi. È ripreso a scorrere il petrolio azerbaigiano nell’oleodotto che attraverso la Georgia porta il greggio in Turchia, riferiscono le agenzie russe. Baku aveva sospeso i rifornimenti nei giorni scorsi a causa del conflitto con la Russia. Non è invece attivo l’oleodotto dall’Azerbaigian a Supsa, sulla costa georgiana del Mar Nero: «Stiamo ancora valutando la situazione», ha detto un portavoce.
Ponte aereo con aiuti a Tbilisi, Ossezia off limits. Aerei militari statunitensi da trasporto sono atterrati a Tbilisi con aiuti umanitari, sia dagli Stati Uniti che dall’Ucraina. Lo ha detto il ministro della sanità georgiano Sandro Kvitashvili citato dalle agenzie russe. Da Kiev sono arrivate circa 100 tonnellate di tende, medicinali e altre merci. Dagli Usa un F-17 ha portato aiuti per un milioni di dollari, sempre in tende, medicinali, cibo. Oggi un altro aereo Usa è atteso, e Tbilisi attende anche aiuti da paesi europei.
Ue: 90mila profughi, attivata protezione civile. Secondo la Cimmissione Europea sono 90.000 profughi, ma sarebbero 150.000 le persone che potenzialmente potrebbero scappare dalla guerra in Georgia: 45.000 le dall’Ossezia del Sud, 60.000 da Gori ed altre città georgiane e 45.000 georgiani in Abkhazia. L’Ue, su richiesta della Georgia, ha attivato il Meccanismo di protezione civile a cui hanno già aderito undici paesi. Il problema maggiore è la mancanza di mezzi di trasporto e vie di comunicazione per le spedizioni umanitarie: solo due aeroporti sono aperti mentre un porto, quello di Poti, sarebbe disponibile, ma è oggetto di blocco navale da parte dei russi. La Commissione Europea ha invece fatto sapere che l’Ossezia del sud è ancora off limits per gli operatori umanitari, nonostante la notizia del cessate il fuoco tra georgiani e russi.
Gli aiuti italiani. La Farnesina ha disposto l’organizzazione di due voli umanitari per un valore di circa 460mila euro. Partiranno da Brindisi e verranno distribuiti in loco da personale della Croce Rossa Italiana. Previsto anche l’invio di cucine e attrezzature fornite dalla Cri, in grado di assicurare diecimila pasti giornalieri. Su indicazioni del Ministro Frattini, la Farnesina ha inoltre disposto un ulteriore contributo di 300mila euro a valere sul Fondo Bilaterale di Emergenza presso l’Alto Commissariato della Nazioni Unite per i Rifugiati (Unhcr).
Mosca: Usa incapaci di valutare obiettivamente. Il capo della commissione mista per il controllo del conflitto osseto-georgiano, l’ambasciatore Iuri Popov, ha accusato oggi gli Stati Uniti di essere «incapaci di una valutazione obiettiva» sugli avvenimenti in Georgia. Popov, in visita in Armenia, ha affermato che «mentre l’Osce, L’Ue e perfino la Nato facevano dichiarazioni neutrali, gli Usa si sono schierati con Tbilisi». Ma comunque «le trattative devono andare avanti. Non so a che risultati porteranno, perché a Mosca è stato dichiarato in modo chiaro che la Georgia ha sepolto la speranza di ristabilire la sua integrità territoriale».
