Il Consiglio dei ministri ha dato via libera al disegno di legge di riforma del processo penale. «Abbiamo fatto un buon lavoro, tenendo sempre presente l'obiettivo di un processo giusto e rapido: quelle che abbiamo approvato sono misure di importantissimo rilievo», ha detto il ministro della Giustizia Angelino Alfano, in conferenza stampa a palazzo Chigi, a proposito del ddl sulla giustizia licenziato dal Consiglio dei ministri.
I CONTENUTI – La bozza di riforma – trenta articoli in tutto – prevede una maggiore autonomia per la polizia giudiziaria e una revisione dei poteri del pm, aumentando le prerogative della difesa. In particolare i pubblici ministeri diventeranno «avvocati dell'accusa» con un obbiettivo: "Garantire – dice Alfano – la perfetta parità tra l’accusa e la difesa, dando piena applicazione all’articolo 111 della Costituzione, approvato dieci anni fa a larga maggioranza ma non ancora pienamente applicato. Un ampio capitolo quello della riforma del processo penale è stato dedicato alle misure di garanzie per i cittadini sul versante del giusto processo. L'obbiettivo della perfetta paritàtra accusa e difesa si consoliderá nella proposta di riforma della Costituzione che faremo a breve. Secondo la versione più recente della bozza – sottoposta a gennaio dal ministro della Giustizia Angelino Alfano ai colleghi della maggioranza – il pm potrà solo ricevere la notizia criminis senza più poter aprire fascicoli sullo spunto di articoli di giornale o confidenze private. Sono previsti anche criteri più certi per determinare il giudice competente se non è individuabile il luogo in cui è stato commesso il reato, ed è resa più facile la ricusazione del magistrato che «esterna» fuori dal processo. Si stabiliscono inoltre corsi obbligatori per chi aspira a dirigere un ufficio.
NIENTE APPELLI – Il disegno di legge è stato poi illustrato dal presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, nel corso di una conferenza stampa a palazzo Chigi. «Nella riforma del processo penale varata dal Cdm – ha detto Berlusconi – manca una norma che sta molto a cuore a tutti noi e che ci farebbe andare sullo stesso piano con le altre grandi democrazie: quella in base alla quale un cittadino assolto da un tribunale della Repubblica non possa essere più chiamato ad un secondo o terzo grado dagli avvocati dell'accusa che magari solo per puntiglio o per perseverare nella giustezza della loro accusa perché pagati e in carriera per questo». «È un principio di democrazia a cui teniamo molto – ha aggiunto il premier -, vedremo se sarà necessario una riforma della Costituzione, ma riteniamo che la nostra riforma non sarà completata fino a quando non ci sarà anche questo tassello».
