Grandi Opere, tutto fermo: bloccata la nomina dei 16 commissari

Qualche al­to papavero ministeriale, qualche superburocrate, qual­che tecnico. Pronti per avere il bollo del governo: commis­sari alle grandi opere pubbli­che. Uno per ognuna delle in­frastrutture strategiche per il Paese. Impacchettata per il via libera del Consiglio dei ministri della scorsa settima­na, all’ultimo momento è sta­ta rimessa nel cassetto.

Tutto rimandato. A quando? Appe­na possibile. Ma a questo punto, settimana più, setti­mana meno… Da quando il governo ha varato il decreto anticrisi con le misure urgenti per far ripartire l’economia, fra cui figura proprio (artico­lo 20) l’istituzione dei com­missari per mettere il turbo al­le opere infrastrutturali che procedono a passo di lumaca, sono passati sei mesi.

Quat­tro, invece, da quando il Parla­mento ha convertito definiti­vamente in legge il provvedi­mento. Ma dei famosi com­missari nemmeno l’ombra. Si dirà che per i tempi italiani, dove le decisioni si prendono al ritmo delle ere geologiche, quattro o sei mesi non sono niente. Peccato soltanto che gli effetti della crisi non aspet­tino i comodi della nostra bu­rocrazia.

I continui rinvii avrebbero a che fare piutto­sto con altre questioni. Prima è sorto il problema di defini­re con esattezza le risorse a di­sposizione per il nuovo piano di infrastrutture: a un certo punto era stata ventilata l’eventualità di dirottare lì una parte dei soldi non utiliz­zati per gli ammortizzatori so­ciali. Poi c’è stato il terremoto dell’Abruzzo, che ha oggetti­vamente complicato tutto.

Con la conseguenza di rende­re più difficile la decisione sulle opere da accelerare. Qua­li affidare ai commissari? Il Ponte sullo Stretto di Messi­na? La Salerno-Reggio Cala­bria? Oppure il Mose? O ma­gari la fantomatica autostra­da Livorno-Civitavecchia, che sta tanto a cuore al mini­stro delle Infrastrutture Alte­ro Matteoli, sindaco di Orbe­tello? Inutile dire che anche qui c’è stato un bel tira e mol­la.

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