Alta tensione di fronte all’entrata del Senato e tempesta di polemiche su nuovo capo della Cia: la giornata di insediamento del 111° Congresso avviene nel segno del problemi che scuotono il partito democratico di Barack Obama. Tutto inizia alle 9 del mattino quando Roland Burris, designato a succedere a Obama nel seggio dell’Illinois, si presenta alla North Door del Senato. In mano ha la lettera di nomina firmata dal governatore dello Stato, Rod Blagojevich, e la fa vedere bene alla folla di cronisti in attesa: «Sono io il successore di Obama» ripete il procuratore afroamericano. Ma oltre la soglia del Senato il capo del cerimoniale, Terrance Gainer, lo ferma e lo accompagna dal segretario del Senato, Nancy Erickson, che gli comunica la decisione di allontanarlo «perché i documenti sono incompleti» in quanto la lettera di Blagojevich non è controfirmata dal Segretario di Stato dell’Illinois, Jesse White. E’ il colpo di scena che le tv, collegate in diretta, rovesciano nelle case di milioni di americani: il Senato rifiuta di far prendere posto in aula al 70enne Burris, che è l’unico membro afroamericano.
Il veto di Erickson è tutto politico, nasce dalla volontà di Harry Reid, capo dei senatori democratici, di non accettare un collega designato da Blagojevich, reduce da un arresto per aver tentato di vendere il seggio di Obama al migliore offerente. Lo scontro fra il leader democratico del Senato e l’afroamericano Burris per l’eredità di Obama è un evento talmente ricco di simboli da mettere in imbarazzo il partito del presidente, anche perché oscura del tutto il giorno della festa dell’insediamento del Congresso: nessuno si cura del giuramento di Joe Biden, vicepresidente in pectore e dunque presidente del Senato, come di quello di Nancy Pelosi, leader della Camera.
Lo show politico-mediatico dura oltre un’ora. Quando Burris viene cacciato dal Senato, esce, si mostra scosso ed improvvisa una conferenza stampa a Capitol Hill per far sapere che «non sono stato ammesso ma la battaglia legale continua perché il senatore dell’Illinois sono io». Terry White, legale di fiducia, fa capire quale sarà la prossima mossa: «Faremo causa contro l’espulsione e siamo pronti ad arrivare fino alla Corte Suprema». Passano pochi minuti e Reid parla dall’aula: «Burris è stato respinto perché non aveva i documenti in regola». Ma l’avvocato White ribatte: «E’ Reid che ha chiesto al Segretario di Stato di non firmarli».
L’immagine di un partito di maggioranza segnato dalle liti intestine trova conferma quando Diane Feinstein, senatrice della California e presidente della commissione Intelligence, si scaglia contro Leon Panetta, indicato da Obama come nuovo capo della Cia. «Non ne sapevo nulla e comunque non ha l'esperienza necessaria per il compito» tuona la senatrice, facendo capire che si opporrà alla ratifica. Al suo fianco il compagno di partito John Rockefeller: «Panetta è il nome sbagliato». Ad essere in rivolta sono gli agenti della Cia che, come dice alla Cnn Michael Scheuer, considerano l’ex capo di gabinetto di Clinton «inadatto al compito» soprattutto «in presenza di numerosi generali che negli ultimi otto anni hanno lavorato in stretto raccordo con la Cia».
Obama tiene i nervi saldi ma a margine del summit con i consiglieri economici fa un mezzo passo indietro: «Panetta ha un curriculum ed un’integrità impeccabile ma la sua designazione non è ancora ufficiale». L’incontro sull’economia ha portato a Obama ulteriori cattive notizie, sul fronte dei conti di bilancio. E’ lui stesso a svelarlo: «Mi hanno detto che quando inizieremo a lavorare avremo già un debito federale di un trilione di dollari».
