DI SEGNI – Ma il caso non è chiuso. Secondo il rabbino capo di Roma, Riccardo Di Segni, «il termine 'inopportuno' utilizzato da Fellay sia assolutamente improprio rispetto all'enormità della Shoah». Così come, per Di Segni, non basta mettere a tacere «il singolo negazionista: vorrei sapere con molta chiarezza – spiega – qual è il pensiero dei lefebvriani sulle affermazioni del Concilio vaticano II a proposito degli ebrei. Il problema – infatti – è costituito da quello che la Fraternità pensa effettivamente sulle dichiarazioni conciliari di apertura all'ebraismo e finchè non si fa chiarezza resta aperto».
L'ATTACCO DI FINI – In precedenza Gianfranco Fini aveva stigmatizzato le teorie negazioniste di alcuni esponenti religiosi, facendo riferimento (senza citarlo) al vescovo Williamson. C'è «il dovere di indignarsi e non minimizzare quando rieccheggiano teorie negazioniste sempre infami e ancor di più se arrivano da chi ha un incarico religioso», ha detto il presidente della Camera nel suo discorso per il convegno a Montecitorio sulla Shoah. Lunedì il vescovo negazionista Williamson, uno dei quattro scismatici lefebvriani riabilitati dal Papa, aveva ribadito che le «camere a gas non sono mai esistite» (il video). Lo stesso Williamson aveva anche cantato vittoria sul suo blog, per la reintegrazione nella Chiesa Cattolica. «I conciliaristi non hanno più il Papa solo dalla loro parte. La differenza è enorme», aveva detto, assicurando che alla "Fraternita" (lefebrvriana) di san Pio X "non è stato chiesto dal Vaticano un ritorno al «conciliarismo». Il vescovo si è comunque limitato a parlare di «campagna orchestrata dai media» per impedire la riabilitazione dei tradizionalisti, ma non aveva più accennato alle dichiarazioni in cui negava l'esistenza delle camere a gas naziste.