di Mario
Mi sono sempre tenuto alla larga da qualsiasi discorso su Israele. E' un campo minato dove le ragioni e i torti si aggrovigliano in modo inestricabile e, sopratutto, dove prima o poi rischi di vederti sbattuta in faccia l'accusa di antisemitismo. Quest'arma "impropria" e' sempre a disposizione dei sedicenti amici di Israele, che di solito si curano di usare come fosse il magico cartellino rosso dell'arbitro,accusandoti di fronte a terzi anche se fino a due ore prima ed in privato eri riuscito a discutere in maniera sana e civile. Io preferisco non subirla, per non dover passare il resto della giornata a scrollarmi di dosso un'accusa ingiusta e infamante, e ho l'impressione che molti leader e opinion-maker siano nelle stesse condizioni: quando si deve fare un discorso che contenga la parola "Israele" si cammina sulle uova, e quel poco che viene fuori e' sempre castrato nel senso e nella forza. Per questo ringrazio chi ha segnalato l' articolo di Avi Shlaim (9 gennaio) <http://www.guardian.co.uk/>. Penso che a Gaza sia in atto una spedizione punitiva assolutamente sproporzionata e volutamente feroce verso i civili, resa ancor piu' insopportabile dalle condizioni generali che le vittime erano costrette a subire anche prima di "Piombo Fuso": sovraffollamento, mancanza di risorse, mancanza d'acqua e controllo carcerario dei confini: in poche parole una studiatissima privazione del futuro. Infine, non posso tacere sul moto di stomaco che provo quando vedo in prima fila, nei convegni di solidarieta' con Israele, la serie dei ripuliti che fino a ieri si proferiva in saluti romani ogni volta che poteva: possibile che in seno alle comunita' ebraiche non sorga un dubbio? Saluti e Pace.