IL BRACCIO DI FERRO TRA PALAZZO CHIGI E FINI

Il Corriere della Sera pubblica un editoriale di Massimo Franco sulle tensioni tra Berlusconi e Fini intitolato ''Il valzer del distinguo''. Lo riportiamo di seguito:

''Forse non succederà nulla. E, come ripete Silvio Berlusconi, il 27 marzo nascerà il partito unico del centrodestra. Eppure, le tensioni che affiorano a intermittenza sempre più frequente tra Gianfranco Fini ed il premier non promettono una metamorfosi indolore; né, forse, così scontata come appariva fino al 2008. Le impennate del presidente della Camera sulla riforma della giustizia e sulla fiducia chiesta dal governo al Parlamento riflettono il suo ruolo istituzionale; ma non solo.

La sensazione è che vadano lette sullo sfondo del braccio di ferro in atto fra Palazzo Chigi ed An; e del disagio che le incursioni leghiste provocano nelle file alleate. Imponendo leggi contro gli immigrati, Umberto Bossi scava un fossato culturale scivoloso fra governo e Chiesa cattolica. Ed aizzando i sindaci delle città settentrionali contro «Roma», crea nella maggioranza un’insofferenza cronica. La tensione strisciante fra Berlusconi e Fini rimanda al modo in cui i due maggiori partiti del Pdl vedono il proprio futuro. Per Berlusconi, al voto europeo si presenterà una sorta di FI allargata. Insomma, più che un’unificazione con il partito di Fini, si tratterà di un assorbimento della destra.

D’altronde, dopo aver deciso un anno fa di puntare su un rapporto insieme strategico e subalterno col Cavaliere, in qualche modo An ha favorito questa lettura. Gli scarti degli ultimi giorni dicono però che lo schema è in affanno. È come se il presidente della Camera non accettasse l’umiliazione di un «prendere o lasciare» che prefigura i futuri rapporti di forza nel partito unico. Non c’è nessuna rinuncia al progetto; ed è difficile che FI ed An tornino indietro. Ma, forse, i tempi dell’unificazione da maturi sono diventati acerbi: al punto da suggerire a Fini di piantare dei paletti. È una barriera temporanea di distinguo, innalzata per avere maggiore potere contrattuale; ed eventualmente per rinviare la fondazione a dopo le europee. Sulla frenata pesano diversi fattori.

Intanto, il progetto del partito unico è nato a rimorchio di quello del Pd che ha prodotto risultati deludenti. Bossi infierisce, sottolineando le differenze radicali fra i militanti, che renderebbero impossibile l’unione tra FI e An. E l’assenza di un’opposizione compatta e rocciosa dà al centrodestra l’illusione di potersi permettere molti lussi: compreso quello di litigare. Il risultato è che ad alcuni settori della maggioranza l’operazione oggi potrebbe apparire meno urgente e promettente di prima. Affiora la difficoltà, più che la capacità di rinunciare a vecchie identità e rendite. D’altronde, la corsa tenacemente solitaria e vincente della Lega dice che l’unità non è in sé sinonimo di trionfi elettorali. Tuttavia, se il progetto rallenta rimane il problema di spiegarlo agli elettori: tanto più dopo che nel 2008 il Pdl si presentò alle urne come un monolite libero finalmente da scorie litigiose come l’Udc di Pier Ferdinando Casini. Competere fra alleati rimanendo insieme al governo è possibile; ma il rischio di rovinare rapidamente la luna di miele col Paese diventa quasi una certezza''.

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