La Repubblica pubblica un commento di Vittorio zucconi sulle iniziative politiche del nuovo capo della Casa Bianca intitolato ''Il piccone di Obama''. Lo riportiamo di seguito:
''NON è passato un giorno, dei sette trascorsi dalla cerimonia di insediamento, senza che dalla Casa Bianca di Obama non sia arrivata una decisione che picconi un altro mattone dell'edificio politico costruito dal predecessore George Bush, culminata nella tremenda botta ai consumi di carburante annunciata ieri. Perché questa vuole essere una presidenza "basata sui fatti", dice il presidente, non sulle disquisizioni di chiese e circoli, e i fatti indicano l'ovvio, a chi lo vuol vedere. E cioè che il mondo, e l'America per prima, stanno bruciando troppo petrolio, con tutte le disastrose conseguenze politiche, economiche ed ambientali che questa orgia quotidiana provoca.
Non tutto quello che il nuovo presidente ha annunciato può avere effetti esecutivi immediati, come nel caso del viluppo costituzionale e morale creato a Guantanamo e ora complicatissimo da dipanare, ma certamente è riuscito a dare l'impressione di voler demolire e ribaltare il passato, secondo il mandato elettorale ricevuto. Il che, nella nostra epoca della politica per immagini e per "breaking news", per notizie spacciate per ultim'ora anche quando non lo sono, è già realtà. Il messaggio è la sostanza. Mi avete eletto nel nome del "change", del cambiamento, e io cambio, sta dicendo da sette giorni Obama alla nazione e al mondo.
L'occupazione quotidiana dello spazio informativo è l'obbiettivo evidente di questo nuovo leader americano che ha capito in pieno la lezione del cosiddetto "ciclo delle 24 ore", quel flusso e riflusso di annunci che nell'arco di una giornata devono soddisfare l'appetito insaziabile della "bestia", di televisione, radio, Internet, quotidiani, blog, e che, se non viene placata con qualche nutrimento positivo inesorabilmente divora nella negatività chi s'illude di domarla. Almeno in un sistema di media indipendenti e non addomesticati.
Obama l'ha nutrita di tutte quelle decisioni che lui, presidente di una repubblica davvero costituzionale, poteva prendere, perché non si tratta di leggi, o di nuove spese pubbliche, ma di rovesciamenti di decisioni esecutive uguali e contrarie prese dal predecessore. Era stato Bush, nel primo giorno di presidenza, a bloccare i finanziamenti americani alle organizzazioni volontarie internazionali che nel Terzo Mondo tentano di diffondere, soprattutto fra le donne, principi e pratiche di controllo della natalità esplosiva, fino al caso estremo dell'aborto, per ricompensare la destra cristiana che lo aveva puntellato alle elezioni. Ed è stato Obama a cancellare il divieto.
Il lager di Guantanamo, oscenità costituzionale come l'autorizzazione a forme di interrogatorio che qualsiasi persona razionale considererebbe tortura, erano state scelte fatte dall'esecutivo e come tali potevano essere ribaltate senza voti del Congresso. Anche la ostinata difesa dei consumi astronomici di carburante, che avrebbe dovuto proteggere le case di Detroit e le ha invece attardate sulla via dello sviluppo e sfiancate, nasceva dal rifiuto opposto dalla presidenza Bush ad Arnold Schwarzenegger, il "governator" della California, che implorava il presunto compagno di partito Bush di permettere al proprio stato di introdurre limiti drastici al consumo di benzina. Infatti Obama non ha "fatto una legge", che non avrebbe potuto fare, per imporre automobili più sobrie a Gm, Ford o Chrysler. Ha riautorizzato i singoli Stati a fissare i chilometraggi per litro consumato, dunque la California a bandire i "gas guzzlers", i tracanna benzina.
Questa scarica di direttive ci dà non soltanto la misura politica dell'uomo, che, in attesa della battaglia campale con il Parlamento per gli 850 miliardi di flebo all'economia, sta accumulando punti credibilità con l'opinione pubblica, alla quale farà fortemente appello perché lo sostenga nella lotta contro Camera e Senato recalcitranti. Essa ci offre, in più, indizi importanti sul "modus operandi" di Obama, sulla sua abilità di muoversi con sgusciante decisionismo tra le trincee ideologiche opposte creando, o cercando di creare, negli ingenui, l'impressione di non indossare davvero l'uniforme di nessuno. E facendo impazzire coloro che non sanno se definirlo un moderato travestito da radicale o, come in campagna elettorale, un radicale nei panni del moderato.
Ogni sua decisione ha infatti un risvolto flessibile dietro l'aspetto rigido e appunto "decisionista". Guantanamo sarà chiusa, ma soltanto dopo avere pesato bene e uno per uno i casi dei 250 detenuti. La scelta di accelerare i tempi dei risparmi di energia fossile sarà concordata con gli stati, nel rispetto del vero federalismo. Le torture erano già vietate esplicitamente dal nuovo manuale operativo della US Army e appaltate, attraverso la Cia, a governi stranieri o ad aguzzini noleggiati. Si tornano quindi ad applicare i principi, sapendo che il passaggio dai principi alla pratica non è mai agevole e il decisionismo senza moralità e intelligenza è soltanto fanatismo o dispotismo. Per questo le sue azioni appaiono a volte ambigue, perché la democrazia è ambigua e il mondo è un luogo lievemente più complesso di come se lo immaginava chi pretendeva di cambiarlo senza conoscerlo''.