Settimana 33. Lo so per certo, sono a questo punto. Ho prenotato l’ecografia e la farò domani. ovviamente in ospedale ma pagando perché non ci sono altre vie. Intanto sono anche andata dalla ginecologa: dramma totale. Ha sbraitato dicendo che ho il collo dell’utero <morbido>’?? e accorciato. Bimba in plancia di lancio? Pare di sì. Così, mentre io mi ero già procurata un bel certificato, che attestava l’assenza di rischi per prolungare la mia attività lavorativa oltre il settimo mese (per tutto l’ottavo) e l’avevo presentato all’Inps e al mio dante causa, il mio medico ha firmato un altro certificato: “Gravida nel corso della 33° settimana, affetta da minaccia di parto pretermine devive, quidi essere posta in maternità obbligatoria”.
Ovviamente ho fatto finta di nulla e non ho confessato.. Il certificato giace in una cartellina che mi porto dietro, la ginecologa consiglia di stare a casa, distesa, a bere acqua. Lei evidentemente ha avuto un solo figlio. Io ne ho altri due. Siamo socialmente lontane. Ritengo di avere maggiori possibilità di evitare il parto seduta alla mia scrivania. Senza subire l’assedio degli altri due piccoli mostri che ogni giorno, dal canto loro, continuano a chiedermi quando smetterò di lavorare.
Tutta la famiglia intanto è entrata in preallarme: dalla mamma, che minaccia l’avvento da terre lontane del sud per consentire il mio meritato riposo, al suocero, che vive isolato in montagna, ma si dice pronto a pagare una seconda tata. Il marito si è reso conto di avere, come al solito, peccato di egoismo. Nulla di esplicito, evidentemente. Sabato mi aveva mollato da sola con entrambi i ragazzi (5 anni e due e mezzo lo ricordo a chi abbia perso le precedenti avventure) mentre si esercitava in casa nelle sue attività intellettuali. Nel pomeriggio del medesimo giorno, anziché portarli da qualche parte ,mi aveva lasciato la piccola mentre tentavo di fare il cambio di stagione nell’armadio dei bimbetti. Conclusione serale: una crisi isterica con buste di maglioni che volavano per casa e parolacce irripetibili urlate al suo indirizo. In presenza dei bambini Giuro è la prima volta. Spero anche l’ultima.
Io comunque sono ancora alla mia scrivania. In compenso ho comprato una scatola di “vasosuprina retard”, farmaco che blocca o punta a rinviare il parto pretermine. In realtà il farmaco non mi è stato consigliato dal medico, me lo
sono consiglliato da sola, memore dell’ultima esperienza da gravida. Conclusione non posso proseguire col cambio di stagione. Nel mio armadio rimangono i vestiti d’inverno, perché ho fatto in tempo solo a concludere solo per i bambini. Non posso arrampicarmi sulle scale. Tanto i vestiti non mi vengono. Va molto peggio a mio marito. Lo facesse da solo.
Ma non è tutto. Oggi è un giorno di grande confusione. Perché alla mia ginecologa, lunedì ho anche chiesto cosa fare per prenotare il parto al Fatebenefratelli, rinomato “partorificio” romano in pieno centro. Dunque vicino a casa. Lei mi ha dato indicazioni ribadendo però che non potrà essere presente all’evento cesareo: in quell’ospedale ha solo una consuilenza. So già che romperò le acque prima del tempo e volevo assicurarmi il parto con qualcuno che
conoscesse i miei precedenti complessi. La parola magica è intramoenia (pagando s’intende) perché il rischio è che il partorificio ti respinga per mancanza di posti, mentre se hai pagato, il posto c’è sempre. E fin qui ci siamo.
L’ho già fatto per il mio secondo parto ma in un’altra città (era agosto). Dunque mi ha indirizzato dal suo “proff” in ospedale. E io sono andata. Attesa un’ora e un quarto. Incontro un quarto d’ora. Il professore, che dovrebbe farmi partorire non mi ha visitato e non ha guardato neppure l’ultima ecografia che, per scrupolo, mi ero portata dietro. Ha solo consigliato di farmi rivedere intorno alla fine di maggio e di andare a prenotare il cesareo per il 23 giugno. Per legge non si può prenotare prima, anche se io non ho mai superato la 37° settimana e gli ho spiegato che secondo la sua collega potrei partorire adesso.
Comunque all’ufficio ricoveri mi hanno chiesto un anticipo di 500 euro. Che io ovviamente non avevo. E allora mi hanno dato il modulo che contiene il preventivo. E qui arriva il bello. Il pacchetto comprende: camera due pazienti: 103 euro al giorno, più iva al 10%. Parcelle dei professionisti: 5.021,24, maggiorata di 1000 euro se il proprio medico è un primario. Vanno aggiunti 744,50 euro per parto spontaneo (salvo complicazioni), 1.180 per taglio cesareo (salvo complicazioni) 50% del Dgr a carico del paziente in applicazione dell’art.1 comma 17 legge 662/ 96. Si legge a margine del documento: In caso di indisponibilità totale dei posti letto l’anticipo versato verrà rimborsato.
Fine. La ma assicurazione rimborsa fino a 5000 euro. Sono pazzi loro o sono stupida io? Intanto sono andata a vedere questa legge del 96, comma 17: a carico del paziente è il 10% e non il 50%. Quindi non so come facciano a caricarlo in questo modo. Ci sarà pure una spiegazione. Ma la conclusione è che non posso pagare. non partorisco col mio medico, dormo nella stanza con un’altra persona al prezzo di oltre 103 euro a notte e soprattutto non mi garantiscono il posto al 100%. Ci sono molti termini volgari per replicare a una simile fregatura. Mi astengo per educazione.
Mi chiedo invece: se, con le acque rotte e l’esigenza di un terzo cesareo, come di certo avverrà, arrivassi dal pronto soccorso, cosa accadrebbe?. Certo se bidono il medico e poi per destino me lo ritrovo in sala parto senza girargli 5000 euro, non so come finirebbe. Ma possono davvero respingermi per mancanza di posti? temo di sì. Lo fanno con le terapie intensive, lo farebbero anche con me. Mi accingo ad affrontare anche questo problema….in qualche modo finirà. Domani saprò se aspetto un girino o un bambino…spero in misure maxi.