Il Corriere della Sera pubblica un commento di Piero Ostellino su quanto dovrebbe fare il nuovo governo nel campo dell’istruzione e dell’informazione intitolato ”Il Cavaliere e l’asticella dei liberali”. Lo riportiamo di seguito:
”Manca solo la moviola. Assente il «calcio giocato» nelle trasmissioni post-partite; assente il «Paese reale» nel dibattito post-elettorale. In campagna elettorale, la par condicio era stata la metafora del Paese. Paralizzato dall’isteria regolamentatrice della sua classe politica. La cui pretesa di regolare i tempi dell’informazione politica televisiva con la clessidra ha evocato il Minculpop (fascista) o il «Manuale del giornalista» (sovietico). Il post elezioni minaccia anch’esso di essere la metafora del Paese. Per dirla col proverbio inglese, si parla delle persone (come fa la servitù); non delle cose (come fanno i gentiluomini). Provo, allora, riprendendo il filo di una tematica che svolgo da tempo su queste stesse colonne, a elencare alcune cose strutturali, «di sistema», che il governo dovrebbe fare. L’informazione di ispirazione liberale dovrebbe, secondo me, alzare via via l’asticella del liberalismo, tallonandolo su questo terreno.
Conformismo culturale. Qui, il governo meno fa, meglio è. In una democrazia liberale, non spetta ai governi orientare le scelte culturali dei cittadini. Ma il governo può favorire la nascita di un mercato culturale «aperto». Primo: incrementando, nei programmi di insegnamento per docenti, lo studio di una metodologia empirica della conoscenza, rispetto a quella preponderante attuale di matrice filosofico-idealistica. Secondo: riformando il sistema scolastico secondario, ancora in gran parte napoleonico, in modo da lasciare maggiore libertà di scelta dei programmi alle scuole, agli insegnanti e al coinvolgimento delle famiglie. Terzo: liberalizzando e privatizzando le università e mettendole in concorrenza fra loro sulle diverse modalità di insegnamento. Corporativismo sociale. Se si cerca di riformare gli Ordini professionali, depurandoli dei privilegi corporativi, le resistenze sono insormontabili.
Ma si può aggirare l’ostacolo. Abolendo il valore legale del titolo di studio. Il modo di scardinare il carattere monopolistico delle corporazioni di «arti e mestieri» è di liberalizzarne accesso ed esercizio. Infine, si dovrebbe abolire il sistema delle «concessioni» governative, che riecheggia prerogative regali, ma nulla ha a che vedere con una società aperta e un mercato concorrenziale. Collettivismo statuale. L’introduzione di elementi di dirigismo (comunista) sul corpo sociale disegnato dal corporativismo (fascista) ha prodotto uno sterminato numero di leggi e regolamenti, forme sempre più diffuse di «illegalità legale» e di arbitrarietà della Pubblica amministrazione. L’eccesso di vincoli e divieti viola le libertà del cittadino. È necessaria una semplificazione legislativa in senso liberale, che riduca il numero delle leggi e regolamenti a 9-10mila in tutto. Berlusconi ha, per la seconda volta, l’occasione storica di cambiare l’Italia. Non so se saprà coglierla. So, però, che se non la coglierà , non ce ne sarà una terza. Né per sé, né per il Paese”.