Benedetto XVI ha consacrato vescovi nella basilica di San Pietro cinque sacerdoti che fino a oggi hanno lavorato nella Curia romana (tra di loro anche l’ex assessore Gabriele Caccia e l’ex sottosegretario ai rapporti con gli Stati Pietro Parolin, nominati nunzi apostolici rispettivamente in Libano e in Venezuela) e ha colto l’occasione per tracciare l’identikit del pastore fedele e per lanciare un forte richiamo agli uomini di Chiesa.
Il Papa ha spiegato che il sacerdozio «non è dominio, ma servizio» e ha illustrato le tre caratteristiche del servo di Gesù: fedeltà, prudenza e bontà. «La Chiesa non è la Chiesa nostra, ma la sua Chiesa, la Chiesa di Dio. Il servo deve rendere conto di come ha gestito il bene che gli è stato affidato. Non leghiamo gli uomini a noi – ha spiegato Ratzinger – non cerchiamo potere, prestigio, stima per noi stessi. Conduciamo gli uomini verso Gesù Cristo e così verso il Dio vivente».
«Sappiamo come le cose nella società civile e, non di rado, anche nella Chiesa – ha aggiunto Benedetto XVI – soffrono per il fatto che molti di coloro ai quali è stata conferita una responsabilità, lavorano per se stessi e non per la comunità, per il bene comune».
Per quanto riguarda invece la seconda caratteristica richiesta al servo di Cristo, quella della prudenza, Ratzinger ha spiegato che questa «è una cosa diversa dall’astuzia». «La prudenza – ha aggiunto il Pontefice – esige la ragione umile, disciplinata e vigilante, che non si lascia abbagliare da pregiudizi; non giudica secondo desideri e passioni, ma cerca la verità – anche la verità scomoda». In questa maniera «diventiamo uomini veramente ragionevoli, che giudicano in base all’insieme e non a partire da dettagli casuali. Non ci lasciamo guidare dalla piccola finestra della nostra personale astuzia, ma dalla grande finestra, che Cristo ci ha aperto sull’intera verità, guardiamo il mondo e gli uomini e riconosciamo così che cosa conta veramente nella vita».