L’ “Avvenire” interviene sulla tragedia del mare che ha visto morire giovedì, a 12 km da Lampedusa, 75 migranti eritrei, lasciati al proprio destino in balia delle onde per 23 giorni, intricati nelle maglie del diritto internazionale.
«L’Occidente a occhi chiusi non ha voluto vedere il barcone degli eritrei dispersi in mare, come durante il nazismo nessuno vedeva i convogli piombati pieni di ebrei – scrive Marina Corradi nell’editoriale sull’Avvenire – C’è almeno un equivoco in cui non è ammissibile cadere: nessuna politica di controllo dell’immigrazione consente a una comunicato internazionale di lasciare una barca carica di naufraghi al suo destino. E questa legge ordina: in mare si soccorre. Poi, a terra, opereranno altre leggi: diritto d’asilo, accoglienza, respingimento. Poi. Ma le vite, si salvano».
«Invece -prosegue l’editoriale – quel barcone vuoto dice del farsi avanti della nuova legge del non vedere: come in un’abitudine, in un’assuefazione. Quando, oggi, leggiamo delle deportazioni degli ebrei soto il nazismo ci chiediamo: certo, le popolazioni non sapevano; ma quei convogli piombati, le voci, le grida, nelle stazioni di transito nessuno li vedeva e sentiva? Allora erano il totalistarismo e il terrore, a far chiudere gli occhi. Oggi no. Una quieta, rassegnata indifferenza, se non anche una infastidita avversione, sul Mediterraneo. L’Occidente a occhi chiusi. Così è stata violata una legge antica che minaccia le nostre stesse radici. Le fondamenta. L’idea di cos’è un uomo, e di quanto infinitamente vale».