Continuano a essere marchiate da violenze e sopraffazioni le ore immediatamente successive alle elezioni iraniane che il 13 giugno scorso hanno consegnato la presidenza dell’Iran a Mahmud Ahmadinejad.
Nonostante il tentativo di mediazione della guida spirituale iraniana, l’ayatollah Ali Khamenei, continuano gli scontri lungo le strade della capitale fra i sostenitori del presidente Ahmadinejad e quelli del suo sfidante, il leader riformista Mir Hossein Mousavi che protesta per presunti brogli elettorali.
La mediazione del leader spirituale non era riuscita a evitare il cruento fine-settimana appena concluso, con le prime tre vittime della guerriglia urbana e i centosettanta arrestati finora dalle forze del Ministero dell’Interno: Ali Khamenei, guida suprema dell’Iran, non aveva annullato la decisione di vietare la manifestazione dei supporter di Mousavi contro l’esito del voto.
Intanto, in queste ore a Teheran decine di migliaia di iraniani si stanno scontrando a bordo di motociclette e armati di bastoni: i ferventi sostenitori di Ahmadinejad convergono nella capitale da ogni angolo del paese, specie dall’Iran più povero e arretrato, in molti percorrendo diverse centinaia di chilometri. Secondo il reporter del quotidiano britannico Times, questa sembra essere una precisa strategia delineata dal partito islamico per controllare le strade della capitale. Molti circolano armati e in uniformi delle forze di polizia mentre gli agenti del Ministero dell’Interno circolano in abiti borghesi, in modo da intimidire i sostenitori di Mousavi.
Ma non è solo i loro corpi che il regime iraniano sembra utilizzare per acquietare il dissenso: controlli elettronici di siti e blog nella rete e la censura sulla stampa hanno impedito anche ai giornalisti stranieri di raccontare le proteste che stavano infuriando ieri a poco più di un chilometro dalla sede presidenziale «in cui il sig. Ahmadinejad – riporta il Times – ha dato una surreale, orwelliana conferenza stampa».
«I contestatori mentono: non ci sono state frodi», dichiara al corrispondente del Times una donna 39enne in chador, che ha viaggiato in autobus dalla città di Lorestan. Da domenica, i reporter della stampa estera non possono più circolare lungo le strade e intervistare liberamente i supporter di Mousavi: anche per ragioni di sicurezza, la maggior parte dei giornalisti preferisce intervistare i tanti iraniane che occupano le machine ferme nelle lunghe code alle porte della città.